L’attivista israeliano, mediatore del rilascio del soldato Gilad Shalit per oltre cinque anni nelle mani di Hamas: il premier usa l’antisemitismo per coprire scandali interni e sfrutta la guerra per interesse. Critiche anche per il versante palestinese, chiamato a preparare il terreno per elezioni rimandate troppo a lungo. Sul passo indietro del Qatar: si sfrutti questo passo per forzare la mano e far ripartire la trattativa.
All’ombra del conflitto a Gaza (e con gli Hezbollah libanesi a nord) gli israeliani stanno perpetrando una “politica” di violenze contro agricoltori e terre. Una “politica” di Stato che unisce movimenti pro-occupazione e istituzioni. Con Ben Gvir una vera e propria task force contro gli attivisti stranieri che sostengono i palestinesi, a colpi di arresti ed espulsioni.
Nella vicenda riguardante il 32enne componente dello staff di Netanyahu i contorni di un possibile nuovo scandalo politico e giudiziario. Rivelando (false) informazioni ai media, il collaboratore avrebbe contribuito a far deragliare le trattative sui prigionieri e spingere sull’acceleratore del conflitto. Lapid attacca: premier “incompetente” o “complice".
Il nuovo capo di Hezbollah non esclude trattative, ma avverte: serviranno “settimane o mesi”. Il premier libanese ad interim Mikati mostra maggiore ottimismo e attende sviluppi dalla missione di Hochstein in Israele. Ma restano le voci critiche su entrambi i fronti. Intanto la capitale saudita ospita la due giorni della “Alleanza internazionale per l’applicazione della soluzione a due Stati”.
Con 92 voti favorevoli e 10 contrari il Parlamento israeliano approva una doppia legge che blocca le attività dell’agenzia Onu per i palestinesi, accusata di coprire Hamas. Critiche della comunità internazionale. Per il commissario generale è una scelta “senza precedenti”. Guterres: la sua opera “essenziale”. Nel mirino anche il quartier generale, requisito per costruire nuove case per coloni a Gerusalemme est.
Per l’attivista palestinese lo scontro è destinato a continuare, perché “ha radici ben più profonde” dei leader che combattono. Netanyahu rivendica una vittoria da offrire al popolo israeliano, ma “uccidendo un uomo non si elimina un’idea”. Le possibili ripercussioni sui colloqui per la tregua e per la sorte degli ostaggi ancora in mano ad Hamas.