L’accordo tra kirghisi e tagichi - suggellato dall'abbracio tra Žaparov e Rakhmon - riguarda ben mille chilometri di frontiera e e giunge dopo discussioni e scontri risalenti al Novecento, quando entrambi gli Stati erano sotto il controllo di Mosca. Ancora tre anni fa si erano verificati scontri armati con diverse vittime da entrambe le parti.
Il presidente Rakhmon ha reinserito nel caledario il Tirgon, la "festa della pioggia" che secondo la tradizione ricorreva nel giorno più lungo dell'anno. Una ricorrenza legata ai racconti dell'epica locale, ma che oggi assume un signifiato nuovo nella lotta contro la siccità di fiumi a bacini in tutta l’Asia centrale.
Come era scontato il partito di Emomali Rakhmon, alla guida del Paese dal 1994, ha ottenuto la maggioranza assoluta e solo partiti controllati dal presidente sono entrati in parlamento. Nonostante l’evidente natura repressiva del regime, contro il Tagikistan non esiste alcuna sanzione internazionale, avvalorando la sensazione che la casta al potere a Dušanbe sia intoccabile.
I tagichi si ritengono i principali eredi delle vie commerciali dei secoli lontani, della “prima globalizzazione eurasiatica” della storia. Ma oggi secondo il politologo Abdugani Mamadazimov sono costretti a rincorrere i vicini mentre il mondo intero guarda all'Asia Centrale come a un'area cruciale dei collegamenti tra Oriente e Occidente.
Dal Kazakistan al Tagikistan in tutta la regione sono state adottate procedure per mutare la scrittura del cognome eliminando le forme del patronimico imposte durante la dominazione zarista e sovietica, per recuperare le radici turaniche o di altre etnie. Sono però solo poche personalità ad aver fatto questo passo, avvertito da molti come una complicazione inutile.
Fu fondata nel 1931 per trasformare un'area desertica in una metropoli modello mobilitando i migliori architetti, ingegneri e costruttori dell'Unione Sovietica. E nonostante l'arretratezza del Paese ancora oggi questa città continua ad arricchirsi di nuove strade, piazze e parchi cittadini.