“Prego per il successo dei Giochi” e per il sogno di un mondo più giusto
Dharamsala (AsiaNews) – “Preghiamo per il successo dei Giochi e mandiamo i migliori auguri al popolo cinese”, anche se “c’è angoscia nel cuore di ogni tibetano: molti di noi pensano che, con i riflettori del mondo sulla Cina, questo sia il momento giusto per esprimere i nostri dolori e frustrazione”. Samdhong Rinpoche, Kalon Tripa (primo ministro) del governo tibetano in esilio, racconta ad AsiaNews come il popolo tibetano vive le Olimpiadi di Pechino.
“E’ un momento importante per il popolo della Cina – dice – la gente ha ogni diritto di sentirsi orgogliosa, la nostra battaglia è contro il governo cinese e la sua repressione. I leader del mondo dovrebbero pressare ogni dittatura, anche la potente Cina, a rispettare diritti umani, libertà religiosa e di coscienza e di espressione, per il bene dell’intera comunità internazionale”.
“E’ triste che nella società attuale il mercato e il commercio siano le cose più importanti, che i rapporti internazionali siano costruiti sui traffici invece che su principi morali ed etici. Troppo spesso si ritiene che ‘la forza sia diritto’, confinando la giustizia e l’etica alla periferia della visione del mondo. E’ triste, ma il mondo moderno è più primitivo che le epoche passate”.
Samdhong Rinpoche apprezza lo slogan olimpico “Un mondo, Un sogno”, ma osserva che “nell’unico mondo ci possono essere sogni differenti.” “Per me ci sono Un mondo, Molti sogni: sogni di una realtà dove nessuna persona o Nazione impone o nega la libertà di coscienza, i diritti umani, la libertà religiosa, che sono il nucleo-guida delle nostre vite e dei rapporti, sia tra persone che tra Paesi”.
Di fronte alla forza dell’esercito cinese, i tibetani riaffermano etica e giustizia.
“Per il 30 agosto abbiamo lanciato una Giornata di preghiera internazionale di massa e di digiuno, per 12 ore, per tutti i popoli del mondo, compresa la Cina. E’ un gesto simbolico, pochi giorni dopo la fine dei Giochi, contro la repressione e per riaffermare la non-violenza e ricordare la causa tibetana”.