15/05/2019, 10.18
VATICANO
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​Papa: il diavolo ‘non è un mito’, tenta l’uomo e ‘penetra tra le pieghe della storia’

Con l’invocazione “liberaci dal male” che è nel Padre Nostro, “Gesù insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il diavolo “non è un mito” esiste, tenta gli uomini e la sua presenza è “il male misterioso, che sicuramente non è opera di Dio, ma che penetra silenzioso tra le pieghe della storia”. Di qui il “liberaci dal male” che è alla fine del Padre Nostro e del quale papa Francesco ha parlato nella catechesi per l’udienza generale.

Proseguendo il ciclo di riflessioni dedicate al Padre Nostro, Francesco ha detto alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro in una giornata piovigginosa che con la settima domanda del ‘Padre nostro’: «Ma liberaci dal male» (Mt 6,13b), “chi prega non solo chiede di non essere abbandonato nel tempo della tentazione, ma supplica anche di essere liberato dal male. Il verbo greco originale è molto forte: evoca la presenza del maligno che tende ad afferrarci e a morderci (cfr 1 Pt 5,8) e dal quale si chiede a Dio la liberazione. L’apostolo Pietro anche dice he il diavolo è intorno a noi come un  leone furioso, per divorarci”.

Il Papa che nel passaggio tra i fedeli prima della udienza, ha fatto salire sulla papamobile 8 bambini di diverse nazionalità - tra cui Siria, Nigeria e Congo - arrivati dalla Libia con il corridoio umanitario del 29 aprile scorso e su un barcone alcuni mesi fa, ha detto che “con questa duplice supplica: ‘non abbandonarci’ e ‘liberaci’, emerge una caratteristica essenziale della preghiera cristiana. Gesù insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa. Infatti, la preghiera cristiana non chiude gli occhi sulla vita. È una preghiera filiale e non una preghiera infantile. Non è così infatuata della paternità di Dio, da dimenticare che il cammino dell’uomo è irto di difficoltà. Se non ci fossero gli ultimi versetti del ‘Padre nostro’ come potrebbero pregare i peccatori, i perseguitati, i disperati, i morenti?”.

“C’è un male nella nostra vita, che è una presenza inoppugnabile. I libri di storia sono il desolante catalogo di quanto la nostra esistenza in questo mondo sia stata un’avventura spesso fallimentare. C’è un male misterioso, che sicuramente non è opera di Dio, ma che penetra silenzioso tra le pieghe della storia. Silenzioso come il serpente ce porta il veleno silenziosamente. In qualche momento pare prendere il sopravvento: in certi giorni la sua presenza sembra perfino più nitida di quella della misericordia di Dio. Nei momenti della disperazione è più nitido”.

“L’orante non è cieco, e vede limpido davanti agli occhi questo male così ingombrante, e così in contraddizione con il mistero stesso di Dio. Lo scorge nella natura, nella storia, perfino nel suo stesso cuore. Perché non c’è nessuno in mezzo a noi che possa dire di essere esente dal male, o di non esserne almeno tentato. Tutti noi sappiamo cos’è il male, tutti noi sappiamo cos’è la tentazione”, “Il tentatore ci spinge al male”.

“L’ultimo grido del ‘Padre nostro’ è scagliato contro questo male ‘dalle larghe falde’, che tiene sotto il suo ombrello le esperienze più diverse: i lutti dell’uomo, il dolore innocente, la schiavitù, la strumentalizzazione dell’altro, il pianto dei bambini innocenti. Tutti questi eventi protestano nel cuore dell’uomo e diventano voce nell’ultima parola della preghiera di Gesù”.

“È proprio nei racconti della Passione che alcune espressioni del ‘Padre nostro’ trovano la loro eco più impressionante. Dice Gesù: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36). Gesù sperimenta per intero la trafittura del male. Non solo la morte, ma la morte di croce. Non solo la solitudine, ma anche il disprezzo, l’umiliazione. Non solo il malanimo, ma anche la crudeltà, l’accanimento contro di lui. Ecco che cos’è l’uomo: un essere votato alla vita, che sogna l’amore e il bene, ma che poi espone continuamente al male sé stesso e i suoi simili, al punto che possiamo essere tentati di disperare dell’uomo”.

“Così il ‘Padre nostro’ assomiglia a una sinfonia che chiede di compiersi in ciascuno di noi. Il cristiano sa quanto soggiogante sia il potere del male, e nello stesso tempo fa esperienza di quanto Gesù, che mai ha ceduto alle sue lusinghe, sia dalla nostra parte e venga in nostro aiuto. Così la preghiera di Gesù ci lascia la più preziosa delle eredità: la presenza del Figlio di Dio che ci ha liberato dal male, lottando per convertirlo. Nell’ora del combattimento finale, a Pietro intima di riporre la spada nel fodero, al ladrone pentito assicura il paradiso, a tutti gli uomini che erano intorno, inconsapevoli della tragedia che si stava consumando, offre una parola di pace: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Dal perdono di Gesù sulla croce scaturisce la pace, dono del Risorto è la pace. Pensate, il primo saluto del Risorto è ‘pace a voi’”. “Questa è la nostra speranza!”.

“Quando Gesù ci ha lasciato il ‘Padre Nostro’ – ha sottolineato nel saluto ai fedeli arabi - ha voluto che terminiamo chiedendo al Padre che ci liberi dal Maligno. Non pensiamo dunque che sia un mito; tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, e così, mentre riduciamo le difese, lui ne approfitta per distruggere la nostra vita, stiamo dunque con ‘le lampade accese’, e usiamo le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la Riconciliazione sacramentale e le opere di carità”. 

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