Yangon, gruppo di monitoraggio: dal golpe 3mila civili uccisi. L'ultima una suora
A dirlo è l'ultimo rapporto dell'Assistance Association for Political Prisoners, che nel conteggio non include i combattenti anti-regime. Oltre 15mila persone sono ancora detenute in carcere. In alcune prigioni sono state registrate violenze contro le donne. I bombardamenti continuano nello Stato Chin dopo le conquiste territoriali delle milizie.
Yangon (AsiaNews) - Il bilancio dei civili uccisi dalla giunta golpista birmana è arrivato a 3mila il 17 febbraio, secondo l’Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), un’organizzazione che monitora il numero di uccisioni e arresti avvenuti a seguito della presa di potere da parte dell’esercito il primo febbraio 2021.
L’ultima vittima registrata dall’Aapp è una suora di nome Sate, uccisa nella regione centrale del Sagaing. La settantenne è stata bruciata viva nella sua casa perché impossibilitata a scappare dopo che le truppe dell’esercito hanno dato fuoco al villaggio di Let Pan Hla, nella municipalità di Khin-U. Secondo il rapporto dell’Aapp (che nel proprio conteggio non inserisce i combattenti anti-regime, ma solo i civili) almeno 1.229 persone, il 41% delle vittime totali, sono state uccise solo nella regione di Sagaing dall’esercito e da una milizia affiliata al regime chiamata Pyu Saw Htee. Le Nazioni Unite stimano che negli ultimi due anni almeno 39mila abitazioni siano state date alle fiamme.
Dopo il colpo di Stato, che ha messo fine al governo eletto di Aung San Suu Kyi, è iniziato un brutale conflitto civile che vede schierato da una parte l’esercito e dall’altra le forze della resistenza, composte dai gruppi di difesa del popolo (il braccio armato del Governo di unità nazionale in esilio) e dalle storiche milizie etniche del Paese, alcune delle quali combattono per l’autonomia dai tempi dell’indipendenza del Myanmar dal dominio coloniale britannico.
Inoltre, sottolinea ancora l’Aapp, dopo il golpe almeno 19.739 persone sono state arrestate, di cui 15.882 sono ancora in carcere. Secondo fonti locali, le prigioniere politiche vengono quotidianamente torturate e seviziate da parte dello staff carcerario nella prigione di Obo a Mandalay. A inizio mese alcune delle donne sono rimaste ferite per le violenze e sono state loro negate le cure adeguate. Attivisti ed ex prigionieri politici sostengono che tutte le carceri del Paese violano i diritti umani dei detenuti.
Nel frattempo nelle ultime settimane la giunta militare ha colpito con una serie di attacchi aerei lo Stato occidentale del Chin, dove si concentra parte della comunità cristiana, nel tentativo di riprendere il controllo della città di Thantlang, secondo quanto dichiarato dal Chin National Army (Cna), una milizia etnica locale affiliata al Chin National Front (Cnf). Secondo i portavoce del movimento la settimana scorsa i militari hanno sganciato almeno 20 bombe in un solo attacco; la giunta ha schierato anche elicotteri Mi-35.
La sera del 9 febbraio i guerriglieri del Cna avevano attaccato la stazione di polizia di Thantlang, dove si trovavano membri dell’esercito e della polizia, prendendo possesso della città. Gli abitanti - circa 10mila persone - hanno abbandonato il centro, ora diventato una linea del fronte tra i soldati e le milizie della resistenza. “I militari non sono più in grado di inviare rinforzi da Hakha [capoluogo dello Stato dove si trova una base militare dell’esercito birmano]. Abbiamo interrotto le rotte di rifornimento per Thantlang. Non abbiamo intenzione di ritirarci anche se lanciano attacchi aerei ogni giorno", ha detto un portavoce del Cnf.
Il peso dei combattimenti viene sopportato dalla popolazione civile: in base ai dati dell’Onu, tre bambini sotto i cinque anni su 10 sono rachitici a causa della scorretta alimentazione, mentre sono almeno cinque milioni i minori che hanno bisogno di assistenza umanitaria in Myanmar in questo momento. In tutto il Paese, a causa del conflitto, sono almeno un milione e mezzo gli sfollati interni.
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