Wen, Obama e le vaghe promesse di Copenhagen
Pechino (AsiaNews) - Il premier cinese Wen Jiabao ha annunciato la sua partecipazione alla Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici che si terrà a Copenaghen il prossimo dicembre. Lo ha annunciato un portavoce del ministero degli esteri cinese. E ieri l’agenzia di stampa governativa Xinhua ha riportato la ricetta cinese contro la crisi: una riduzione della propria intensità carbonica, e cioè l'ammontare di emissioni a effetto serra per unità di Prodotto interno lordo, del 40-45% entro il 2020. La riduzione va presa in considerazione rispetto ai livelli del 2005.
La Xinhua ha sottolineato che la decisione è stata presa dal Consiglio di Stato cinese e che questa è “un’azione volontaria del governo, un contributo agli sforzi globali contro i cambiamenti climatici”. per raggiungere questo scopo, Pechino ha annunciato che ricorrerà a misure finanziarie e fiscali sotto forma di aumento delle tasse o incentivi a quelle aziende che adottano un sistema di produzione “verde”.
L’annuncio cinese segue quello del presidente americano Barack Obama, che andrà al vertice sul clima nella capitale danese il 9 dicembre. Gli Stati Uniti si sono impegnati a una riduzione minore – il 20/25% entro il 2020 – che rappresenta però un passo in avanti rispetto alle intenzioni di non voler partecipare al summit. L’opinione pubblica internazionale ha lodato il comportamento dei due governi – definiti “responsabili e preoccupati” – e ha sottolineato il cambio di marcia di Pechino.
Dalla fine del 2007, la Cina ha strappato agli Usa il primato di maggiore responsabile delle emissioni di anidride carbonica provenienti da attività umana. Sul fronte dell'emissione di anidride carbonica in generale, invece, i due Paesi rimangono impegnati in un serrato testa-a-testa, con circa 7 miliardi di tonnellate a testa. Da sole, Washington e Pechino contribuiscono al 40% delle emissioni mondiali.
Secondo proiezioni dell’Agenzia internazionale dell'energia, a partire dal 2010 la Cina supererà gli Usa anche come maggiore consumatore di energia. Il carbone rimarrà saldamente al primo posto nella produzione di elettricità e calore e Pechino, con una produzione pari al 65/70% dell’inquinamento totale. Nonostante l’enorme contributo della Cina, tuttavia, il singolo cittadino cinese continua a inquinare meno del singolo cittadino americano.
In quest’ottica, sottolineano alcuni esperti, l’impegno espresso da Pechino assume contorni meno epocali. Tagliare le emissioni rispetto al Pil, infatti, ha un impatto molto meno radicale: già prima di Copenhagen, infatti, il Paese asiatico era impegnato a ridurre le emissioni “per persona” con una semplice redistribuzione del carbone all’interno del territorio. Lo stesso vale per gli Stati Uniti, che si sono impegnati a ridurre le emissioni soltanto rispetto ai dati del 2005, relativamente già molto alti.
Nick Mabey, direttore esecutivo del think tank britannico sul clima E3G, spiega: “Quelle di Pechino e Washington sono mosse relativamente piccole. La Cina in particolare non si discosta molto da quello che ha sempre fatto nel campo delle emissioni. Con gli impegni assunti, se mantenuti, l’anidride carbonica non raddoppierà come era previsione, ma aumenterà comunque del 50%”. Tom Grieder, analista energetico del Global Insight, sottolinea che questa posizione “verrà accettata dal resto del mondo. Tutti vorremmo vedere una Cina pulita, ma nessuno può permettersi che cali la sua produzione industriale”.
11/02/2022 12:59