16/06/2004, 00.00
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Vescovo caldeo: vita quotidiana di Baghdad che resiste

Gli attentati a stranieri e irakeni vengono da reti esterne a noi

Baghdad (AsiaNews) – Questa mattina, Ghazi al Talaban, capo della sicurezza per le forniture di petrolio, è stato assassinato mentre viaggiava verso il suo posto di lavoro a Kirkuk. L'ucciso è cugino di Jalal Talabani, leader dell'Unione Patriottica del Kurdistan. Questo è il terzo assassinio di una personalità ufficiale, nell'escalation di violenza che caratterriza l'attesa del 30 giugno, quando ci sarà la transizione al potere dalla coalizione al governo irakeno.

Sabato scorso è stato ucciso il vice-ministro degli esteri Bassam Qubba; il giorno dopo è stata la volta di  Kamal al-Jarrah, del ministero per l'educazione.

L'assassinio di al-Talaban avviene un giorno dopo dell'attentato agli oleodotti di Kirkuk; gironi prima vi sono stati attentati agli oleodotti di Basra e  Khor al-Amaya. Secondo esperti, i due terzi delle esportazioni di greggio dall'Iraq rischiano di fermarsi per almeno 10 giorni. Tale sospensione potrebbe costare all'Iraq circa 60 milioni di dollari al giorno.

AsiaNews ha chiesto a un vescovo caldeo, di descrivere come gli irakeni vedono questa situazione sempre più precaria e violenta. Mons. Jacques Ishaq, 66 anni, è arcivescovo emerito di Arbil,  e vicario generale patriarcale per gli Affari culturali. Come direttore della facoltà teologica interconfessionale Babel, ha contatti con personalità cristiane e musulmane. Mentre egli descrive i tentativi di normalità di quella che egli chiama "la maggioranza silenziosa", mette anche in luce che tutti questi attacchi "vengono dall'esterno" e mirano a bloccare la modernità e lo sviluppo dell'Iraq.

 

Mons. Ishaq, perché questo attentato a un rappresentante kurdo?

Non solo i kurdi vengono uccisi, ma anche gli sciiti e i sunniti; chi collabora con gli americani - perfino i lavandai – e quelli che non collaborano; quelli che lavorano per l'energia elettrica; quelli che controllano gli oleodotti. Si colpiscono tutti gli elementi che lavorano alla normalizzazione della situazione irakena. Io penso che tutto questo avviene per bloccare lo sviluppo del paese. L'Iraq ha delle possibilità immense dal punto di vista economico, di poter diventare uno stato moderno e ricco. Vi sono coloro i cui interessi sono di bloccare tutto questo. C'è un'influenza straniera, questo è evidente: noi irakeni non abbiamo mai combattuto gli uni contro gli altri. Questi attentati, le auto-bomba vengono dall'esterno dell'Iraq

Ma si parla molto dell'odio verso gli americani, verso gli stranieri…

Sì, ci sono attentati contro gli stranieri, ma voi potete vedere anche soldati americani che aiutano le persone, che giocano coi bambini: non è che tutti i cittadini irakeni, la popolazione li odia. Certo tutti vogliamo la fine dell'occupazione, l'indipendenza, ma non vogliamo uccidere gli americani.

I reportages dei giornalisti dicono che c'è odio verso gli stranieri, ma non è così comune. La maggioranza silenziosa non agisce così. Chi grida appare di più. E vediamo anche che non solo gli stranieri sono presi come obbiettivo, ma anche gli irakeni Hanno ucciso professori universitari, ingegneri, scienziati… La popolazione vuole solo la fine di questo incubo: un Iraq indipendente, ma soprattutto sicurezza, elettricità, tranquillità per organizzare la loro vita.

Come si vive quotidianamente a Baghdad?

Tutte le mattine vado alla facoltà di teologia Babel, guido la macchina da solo, per 20 km. Attorno a me milioni di persone vanno a lavorare. Sappiamo che potremmo incappare in attentati, auto-bombe, cecchini. Malgrado ciò ognuno  fa il suo dovere, andando a lavorare. Io vado al Babel college, alla sede della rivista Stella d'Oriente [centro di pubblicazione della Chiesa caldea – ndr]. Le strade sono piene di vetture e di traffico, la gente va al mercato. Baghdad è grande 60 km di diametro. Vi sono attentati, ma attorno la vita quotidiana resiste. Anche per la messa: la domenica le chiese sono piene. Io servo la parrocchia di san Giorgio e la vita della comunità continua. Stiamo perfino radunandoci per il catechismo ai bambini della prima comunione. L'unica cosa è che la sera si cerca di non uscire di casa. Ma se qualcuno ha un lavoro, esce anche alla sera. La vita, nonostante tutto, va avanti, deve andare avanti.

Quali sono gli ostacoli che vive la chiesa nella vita quotidiana?

Non vi sono ostacoli speciali per i cristiani: viviamo le stesse difficoltà di tutti, ma cerchiamo di andare avanti. Io vado in giro sempre con la veste lunga, il crocefisso e sono molto rispettato. Il problema della sicurezza è di tutti. abbraccia tutti gli irakeni: cristiani e musulmani, tutti siamo uniti dallo stesso problema. Non c'è alcun odio fra cristiani e musulmani irakeni, fra cittadini dell'Iraq. Ma nella vita quotidiana, non vi sono divisioni fra gli irakeni .

C'è speranza per l'Iraq?

Tutti speriamo che la sicurezza migliori, perché così non può andare avanti. Tutti noi irakeni speriamo che la situazione si normalizzi. Sappiamo che da qui alla fine del mese la situazione peggiorerà, ci saranno più attentati, ma all'inizio di luglio potrà cambiare.

 

 

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