09/10/2024, 08.43
RUSSIA
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Teoria e pratica del nazionalismo russo

di Vladimir Rozanskij

La pretesa di superiorità dei cittadini di etnia russa nei confronti dei nuovi arrivati e più in generale dei non-russi, si manifesta oggi in nuove forme di associazione molto aggressive, sotto il titolo generico di Russkaja Obščina (Comunità russa). Indebolendo la stessa autorità statale, sconfinano nell’estremismo incontrollabile come ai tempi dei pogrom antisemiti, oggi rivolti principalmente contro i musulmani.

Mosca (AsiaNews) -Oltre all’ideologia ufficiale del “mondo russo”, rivolta contro il globalismo in nome della “multipolarità”, cresce in Russia un nazionalismo interno, più tipico di tante società messe in crisi dai flussi migratori, con la pretesa di superiorità dei cittadini di etnia russa nei confronti dei nuovi arrivati e più in generale dei non-russi, un fenomeno ricorrente in un Paese che da sempre cerca di fondere diverse nazionalità. Questo si manifesta ora in nuove forme di associazione molto aggressive, sotto il titolo generico di Russkaja Obščina, “Comunità Russa”. L’etnologo Kharun Sidorov ha cercato di approfondire le ragioni di questo fenomeno su Idel.Realii, ricordando appunto che “le spinte nazionaliste sono cicliche nella storia della Russia”.

I sentimenti dei russi sono molto condizionati dalle posizioni del potere dominante, più di quanto avvenga in altri Paesi, proprio per la tradizionale politica coloniale che cerca di inglobare le tante etnie. Un altro esperto, Miroslav Grokh, distingue due tipi di nazioni, che generano diverse ispirazioni: quelle “statali” e quelle corrispondenti a movimenti nazionali non statali. I nazionalismi anti-russi che tendono alla “de-colonizzazione” vengono sovrastati dal “nazionalismo statale” dei russi, e in questo contesto è evidente che il nazionalismo russo si riconosce nel leader al potere, come oggi in Vladimir Putin, e non è un movimento di opposizione, pur essendo difficile da controllare anche dal Cremlino.

Come ricorda Kharun, ci sono stati nel passato, soprattutto all’inizio del XX secolo, dei movimenti nazionalisti russi di opposizione radicale allo zarismo, che si appellavano al “nazionalismo civile” di tipo europeo, da Herzen a Bakunin fino ai cosiddetti narodniki (i “popolari”), come anche dei nazionalisti-liberali come Petr Struve, in opposizione anche alla rivoluzione sovietica. Il volto più autentico del nazionalismo russo sono sempre stati comunque i cosiddetti černosotentsy, i “rosso-bruni”, rievocati anche nell’ispirazione “fascio-comunista” degli anni ’90. Questi ultimi si sono spesso ispirati anche a simbolismi religiosi, come la “Unione di Michele Arcangelo”, la “Santa Vigilanza” e altri, con spirito aggressivo nei confronti di ebrei, massoni, popoli minori e ostili come i polacchi detti ljakhy, o anche gli ucraini detti khokhly, sempre nella venerazione dello “zar-padre” della patria.

Anche oggi le varianti della “Comunità Russa” pretendono di rappresentare lo Stato, usando varie forme di pressione e violenza contro gli stranieri, e in questo rendono in realtà più fragile la stessa autorità statale, sconfinando nell’estremismo incontrollabile come ai tempi dei pogrom antisemiti nella Russia zarista, oggi rivolti principalmente contro i musulmani. Le iniziative parlamentari e legislative per l’esaltazione del “popolo costitutivo dello Stato”, un’espressione che si applica anche alla Chiesa ortodossa, di fatto introduce nuovamente una divisione tra cittadini di primo e secondo grado, in forme sempre più acute e divisive, come osserva Kharun.

In questo modo si rischia di perdere il sostegno, guadagnato a fatica, delle comunità etniche russofile tra le tante disperse nelle terre della Federazione, e le religioni diverse da quella cristiana ortodossa, rianimando di fatto il nazionalismo anti-russo di gruppi anche molto piccoli in tante regioni. I černosotentsy paradossalmente indeboliscono le espressioni del russkij mir, tornando a denigrare i popoli minori e i migranti come basurmany, un’altra antica espressione per definire gli stranieri ostili sul territorio russo, un miscela tra “asiatici” e “musulmani”. Secondo gli esperti, questa contraddizione tra nazionalismo “governativo e non-governativo” non dura mai troppo a lungo nella storia della Russia, ma finisce di solito con rivolgimenti che distruggono lo Stato o i suoi avversari, per ricominciare il ciclo di un amalgama sempre incompiuto.

L’imperialismo russo mostra di nuovo la sua fragilità, conclude Kharun, e paradossalmente uno dei maggiori pericoli per il regime putiniano finirebbe per essere lo stravolgimento della sua stessa ideologia che provoca questi rigurgiti di nazionalismo estremo: il mondo russo distrugge il mondo russo, nelle sue varianti più estreme.

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