21/08/2024, 09.59
MYANMAR
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Rakhine: accuse di ‘pulizia etnica’ sui Rohingya anche da parte dell’Arakan Army

Movimenti attivisti rilanciano le testimonianze di sopravvissuti alle persecuzioni per mano del gruppo ribelle che combatte l’esercito golpista. Il 5 agosto decine (o centinaia) di musulmani, tra cui bambini piccoli, uccisi in un attacco di droni e artiglieria mentre cercavano di fuggire. Da aprile oltre 250mila Rohingya sono rimasti senza casa a Buthidaung e Maungdaw. 

Yangon (AsiaNews) - In Myanmar sono tornati ad accendersi i riflettori sulle violenze ai danni della minoranza musulmana Rohingya nello Stato occidentale di Rakhine, già oggetto di una brutale campagna di persecuzione dei militari fra il 2016 e il 2017. Secondo quanto denunciano alcuni movimenti attivisti pro diritti umani, e dalle testimonianze di alcuni sopravvissuti, da settimane è in atto una mortale campagna di pulizia etnica per mano dell’Arakan Army, la milizia etnica indipendentista del Rakhine che combatte l’esercito golpista.

“I civili Rohingya e Rakhine stanno sopportando il peso delle atrocità che l’esercito del Myanmar e le milizie Arakan stanno commettendo” denuncia Elaine Pearson, direttore Asia di Human Rights Watch (Hrw), in un rapporto pubblicato questa settimana. Il documento accusa direttamente la giunta e le forze dell’Aa di “uccisioni extragiudiziali e incendio doloso diffuso”. Entrambe le parti, prosegue l’esperta, stanno alimentando “discorsi di odio, attacchi ai civili e massicci incendi dolosi per cacciare le persone dalle loro case e villaggi, sollevando lo spettro della pulizia etnica”.

In uno degli ultimi incidenti, contestato dall’esercito Arakan, il 5 agosto scorso decine di Rohingya musulmani, tra cui molti bambini piccoli, sarebbero stati uccisi in un attacco di droni e artiglieria mentre cercavano di fuggire dal Myanmar. Stando alle testimonianze, per sfuggire alle violenze nella città di Maungdaw, nello Stato Rakhine, le famiglie Rohingya si trovavano sulla riva del fiume Naf in attesa di poter passare in Bangladesh quando sono state colpite dai miliziani. Lo stesso giorno, un’imbarcazione che trasportava alcuni Rohingya attraverso il fiume oltre-confine avrebbe subito un attacco di droni dell’Arakan Army. Altre due imbarcazioni sovraccariche che trasportavano decine di membri della minoranza musulmana in fuga si sarebbero rovesciate, lasciando annegare la maggior parte dei passeggeri. Le testimonianze raccolte da Voice of America (Voa) parlano di almeno 200 Rohingya uccisi, con immagini e video rilanciati sui social che mostrano cadaveri di uomini, donne e bambini sparsi lungo la riva del fiume che segna il confine tra i due Paesi.

Nei giorni successivi alcuni funzionari di Dhaka hanno confermato il rinvenimento di 34 corpi che galleggiavano sul fiume Naf, nei pressi dell’isola di Shahpori, parte delle vittime dell’attacco dei ribelli Arakan di tre giorni prima. In una nota i vertici dell’Arakan Army negano il coinvolgimento sottolineando che le morti “non sono avvenute in aree sotto il nostro controllo e non sono collegate alla nostra organizzazione”. Ciononostante, l’attivista rohingya Nay San Lwin, cofondatore della Free Rohingya Coalition, ha dichiarato a Voa che da aprile i ribelli colpiscono con violenza i villaggi Rohingya, incendiando migliaia di case e provocando centinaia di migliaia di sfollati privati della loro abitazione.

Il Myanmar è travolto da una sanguinosa guerra civile che ha causato la morte di migliaia di civili dal 2021, quando i militari hanno ripreso il potere con un colpo di Stato. Negli ultimi mesi, una coalizione di forze ribelli etniche, tra cui lo stesso Arakan Army, ha intensificato l’offensiva per spodestare la giunta, che è stata cacciata da vaste aree negli Stati Shan, Chin e Rakhine. Per oltre 50 anni, la minoranza musulmana Rohingya si è rifugiata nei Paesi vicini, tra cui il Bangladesh o fino in Vietnam, moderni “boat people”, per scampare alle persecuzioni e alle discriminazioni in un Myanmar a maggioranza buddista. Secondo la Free Rohingya Coalition, da aprile oltre 250mila Rohingya sono rimasti senza casa a Buthidaung e Maungdaw. Fortify Rights, un gruppo internazionale per i diritti umani con sede nel sud-est asiatico, afferma di aver documentato uccisioni e incendi dolosi da parte dell'Arakan Army nei villaggi Rohingya del Rakhine.

Allarmato dall’escalation delle violenze lo Special Advisory Council (Sac) for Myanmar, gruppo formato da esperti indipendenti internazionali, si rivolge direttamente ai miliziani chiedendo lodo di collaborare con il governo del Bangladesh per stabilire un corridoio umanitario. Una via sicura, aggiungono, anche per fornire assistenza umanitaria a tutte le comunità dello stato di Rakhine e la creazione di aree protette. Gli attivisti auspicano al contempo la formazione di una squadra di inchiesta internazionale, che possa accedere allo Stato occidentale e indagare sulle violenze in atto, ottemperando agli obblighi previsti dal diritto internazionale. 

Il prossimo 25 agosto ricorrono sette anni dall’inizio delle massicce atrocità del 2017, durante le quali migliaia di uomini, donne, ragazzi e ragazze Rohingya sono stati uccisi nel corso di omicidi di massa, stupri e stupri di gruppo, torture, incendi e incendi dolosi dell’esercito birmano. Circa il 75% del milione di Rohingya presenti nell’area sono stati costretti a fuggire nel vicino Bangladesh. Ad oggi, le vittime attendono ancora giustizia e definizione delle responsabilità, mentre nuove atrocità si aggiungono alle vecchie. La totale impunità per gli autori di gravi violazioni del diritto internazionale in Myanmar, concludono gli attivisti, garantisce le condizioni “per il proseguimento delle atrocità contro i civili, come testimonia questo ultimo massacro. La comunità internazionale deve fare di più per fare giustizia e porre finalmente fine all’impunità”.

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