21/02/2025, 10.33
IRAN
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Pasdaran arrestano una cristiana convertita, Bibbie e strumenti confiscati

Il raid degli agenti in borghese nella provincia di Mazandaran risale ai primi del mese ma è emerso solo in questi giorni. In cella Somayeh Rajabi, che stava partecipando a un raduno di 80 fedeli nel nord dell’Iran. Condotte perquisizioni corporali, croci e collane strappate a forza. Gruppi attivisti denunciano una “escalation spaventosa” di esecuzioni, con numeri sottostimati.

Teheran (AsiaNews) - Cristiani ancora nel mirino delle autorità iraniane: secondo quanto riferisce Article18, sito specializzato nel documentare abusi e limiti in tema di culto nella Repubblica islamica, alcuni ufficiali in borghese del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc) hanno fatto irruzione ad un raduno di circa 80 fedeli nel nord del Paese. Il raid dei Pasdaran è avvenuto nei primi giorni del mese, anche se la notizia è emersa solo ora, e ha portato all’arresto di uno dei partecipanti, oltre alla confisca di numerose copie della Bibbia e di strumenti musicali. 

A finire in carcere il 6 febbraio scorso è la cristiana Somayeh Rajabi (nella foto di Mohabat News), convertita dall’islam; la donna stava partecipando a un raduno di fedeli organizzato a Gatab, cittadina della provincia di Mazandaran. Secondo alcuni testimoni, almeno 20 membri delle forze di sicurezza hanno preso parte all’operazione compiuta in tarda serata, alla quale avevano aderito anche cristiani di città vicine fra cui Gorgan e Babol.

Confiscate Bibbie, strumenti musicali e dispositivi di comunicazione, mentre gli agenti in borghese hanno chiesto l’accesso ai dati personali e alle password dei telefoni cellulari. I Pasdaran avrebbero anche condotto perquisizioni corporali, individuando coloro che indossavano collane di croci e strappandole con la forza e colpendo diverse persone. Inoltre, il personale medico intervenuto per assistere i feriti è stato bloccato dagli agenti.

Il giorno seguente l’arresto Somayeh ha potuto effettuare una breve telefonata alla famiglia, informandola del trasferimento in una prigione di Sari, il capoluogo della provincia di Mazandaran. Nonostante ad oggi non vi siano ancora accuse ufficiali contro la cristiana, risulta tuttora in carcere a oltre due settimane dal fermo. Del resto le autorità iraniane sono solite fare irruzione nelle case dei cristiani convertiti e nelle chiese domestiche, sequestrando libri religiosi, croci e altri simboli cristiani, oltre agli effetti personali. E non è la prima volta che gli strumenti di culto - e musicali - vengono presi di mira in modo specifico.

In occasione del lancio dell’ultimo rapporto annuale di Article18 a Ginevra, il mese scorso, l’ex prigioniero di coscienza Amin Afshar-Naderi ha raccontato che un libro di canzoni usato per guidare il culto “è stato citato nel mio verdetto giudiziario come prova di attività cristiane illegali”. Il volume sarebbe stato utilizzato anche “come giustificazione per l’accusa del mio ruolo di leader in una chiesa domestica. Nei rapporti su di me, persino la musica è stata descritta come uno strumento per ingannare gli altri, nonostante sia universalmente riconosciuta nel culto cristiano come un mezzo per glorificare Dio”. Come Somayeh, l’arresto di Amin è avvenuto mentre si riuniva con altri cristiani in un giardino privato; in quell’occasione, solo per un picnic.

Infine, i vertici della Repubblica islamica continuano a far ampio ricorso alla pena di morte con dati relativi al 2024 che hanno emergere una “escalation spaventosa” di 975 esecuzioni. La maggior parte dei casi in cui si è ricorsi al boia ha riguardato crimini legati alla droga, omicidi o stupri, ma anche accuse più vaghe che hanno permesso di prendere di mira i dissidenti, oppositori o voci critiche. Si tratta del dato più alto da quanto sono iniziati i censimenti nel 2008 ma, secondo Iran Human Rights (Ihr) con sede in Norvegia e l’ong francese Insieme contro la pena di morte (Ecpm), sarebbe di gran lunga sottostimato perché quasi il 90% delle esecuzioni non è reso pubblico. Tra le 975 persone impiccate lo scorso anno -  con un aumento del 17% sul 2023 - 31 erano donne e quattro sono state impiccate in pubblico e non mancano i minori al momento del reato.

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