Papa: nella lotta tra bene e male sembra che il male sia più forte, ma “vince l’amore, non l’odio”
Benedetto XVI all’udienza generale illustra il Salmo 110 col quale conclude il ciclo di catechesi dedicate a tali preghiere bibliche. Nella tradizione della Chiesa viene letto come testo messianico fondamentale. Gesù, “sacerdote perenne, santo, innocente, senza macchia, può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Nel mondo c’è tanto male”, ma nella battaglia permantente tra il bene e il male “il vincente è il Signore” e “nonostante tutte le cose negative nella storia vince Cristo non il male, l'amore non l'odio”. E’ la consolante certezza che Benedetto XVI trae dalle lettura del Salmo 110, illustrato oggi alle 20mila persone presenti in piazza san Pietro per l’udienza generale.
L’odierno commento al Salmo 110, particolarmente letto e citato come testo messianico fondamentale, conclude, ha detto il Papa, la serie di catechesi che egli ha dedicato a queste “preziose preghiere” della Bibbia “che riflettono le varie situazioni della vita, gli stati d’animo che possiamo avere verso Dio”.
Il Salmo 110, “forse inizialmente legato alla intronizzazione di un re davidico”, nella tradizione della Chiesa si apre “a dimensioni più ampie e diventando così celebrazione del Messia vittorioso”. Nella preghiera, Dio “intronizza il re nella gloria, facendolo sedere alla sua destra, un segno di grandissimo onore e di assoluto privilegio”. Il re in tal modo “partecipa alla signorìa divina, di cui è mediatore presso il popolo”.
Questa glorificazione del re è stata assunta dal Nuovo Testamento come profezia messianica; perciò il versetto è tra i più usati dagli autori neotestamentari. “Gesù stesso menziona questo versetto a proposito del Messia per mostrare che il Messia è più che Davide, è il Signore di Davide e Pietro lo riprende nel suo discorso a Pentecoste annunciando che nella risurrezione di Cristo si realizza questa intronozzazione del re. È il Cristo, infatti, il Signore intronizzato, il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio che viene sulle nubi del cielo, come Gesù stesso si definisce durante il processo davanti al Sinedrio”.
Tra il re celebrato nel Salmo e Dio “esiste una relazione inscindibile; i due governano insieme”. “L’esercizio del potere è un incarico che il re riceve direttamente dal Signore, una responsabilità che deve vivere nella dipendenza e nell’obbedienza, diventando così segno, all’interno del popolo, della presenza potente e provvidente di Dio”.
Nel Salmo c’è poi il versetto che dice “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek”. Melchìsedek, ha ricordato Benedetto XVI, era il sacerdote re di Salem che aveva benedetto Abramo e offerto pane e vino dopo la vittoriosa campagna militare condotta dal patriarca per salvare il nipote Lot dalle mani dei nemici che lo avevano catturato. “Nella sua figura, potere regale e sacerdotale convergono e ora vengono proclamati dal Signore in una dichiarazione che promette eternità: il re celebrato dal Salmo sarà sacerdote per sempre, mediatore della presenza divina in mezzo al suo popolo, tramite della benedizione che viene da Dio e che nell’azione liturgica si incontra con la risposta benedicente dell’uomo. La Lettera agli Ebrei fa esplicito riferimento a questo versetto e su di esso incentra tutto il capitolo 7, elaborando la sua riflessione sul sacerdozio di Cristo. Gesù è il vero e definitivo sacerdote, che porta a compimento i tratti del sacerdozio di Melchìsedek rendendoli perfetti”.
“Nel Signore Gesù risorto e asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, si attua la profezia del nostro Salmo e il sacerdozio di Melchìsedek è portato a compimento, perché reso assoluto ed eterno, divenuto una realtà che non conosce tramonto. E l’offerta del pane e del vino, compiuta da Melchìsedek ai tempi di Abramo, trova il suo adempimento nel gesto eucaristico di Gesù, che nel pane e nel vino offre se stesso e, vinta la morte, porta alla vita tutti i credenti. Sacerdote perenne, santo, innocente, senza macchia, egli, come ancora dice la Lettera agli Ebrei, può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio; egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore”.
Alla fine del Salmo c’è il re trionfante che, “appoggiato dal Signore” sbaraglia i nemici e giudica le nazioni. “Il sovrano, protetto dal Signore, abbatte ogni ostacolo e procede sicuro verso la vittoria. Ci dice: sì, nel mondo c'è tanto male, c'è una battaglia permanente tra bene e male e sembra che il male sia più forte. No! Più forte è il Signore, il nostro vero Re e sacerdote, Cristo, perché combatte con la forza di Dio e nonostante tutte le cose che ci fanno dubitare sull'esito positivo della storia, vince Cristo e vince il bene, vince l'amore, non l'odio".
L’odierno commento al Salmo 110, particolarmente letto e citato come testo messianico fondamentale, conclude, ha detto il Papa, la serie di catechesi che egli ha dedicato a queste “preziose preghiere” della Bibbia “che riflettono le varie situazioni della vita, gli stati d’animo che possiamo avere verso Dio”.
Il Salmo 110, “forse inizialmente legato alla intronizzazione di un re davidico”, nella tradizione della Chiesa si apre “a dimensioni più ampie e diventando così celebrazione del Messia vittorioso”. Nella preghiera, Dio “intronizza il re nella gloria, facendolo sedere alla sua destra, un segno di grandissimo onore e di assoluto privilegio”. Il re in tal modo “partecipa alla signorìa divina, di cui è mediatore presso il popolo”.
Questa glorificazione del re è stata assunta dal Nuovo Testamento come profezia messianica; perciò il versetto è tra i più usati dagli autori neotestamentari. “Gesù stesso menziona questo versetto a proposito del Messia per mostrare che il Messia è più che Davide, è il Signore di Davide e Pietro lo riprende nel suo discorso a Pentecoste annunciando che nella risurrezione di Cristo si realizza questa intronozzazione del re. È il Cristo, infatti, il Signore intronizzato, il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio che viene sulle nubi del cielo, come Gesù stesso si definisce durante il processo davanti al Sinedrio”.
Tra il re celebrato nel Salmo e Dio “esiste una relazione inscindibile; i due governano insieme”. “L’esercizio del potere è un incarico che il re riceve direttamente dal Signore, una responsabilità che deve vivere nella dipendenza e nell’obbedienza, diventando così segno, all’interno del popolo, della presenza potente e provvidente di Dio”.
Nel Salmo c’è poi il versetto che dice “Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchìsedek”. Melchìsedek, ha ricordato Benedetto XVI, era il sacerdote re di Salem che aveva benedetto Abramo e offerto pane e vino dopo la vittoriosa campagna militare condotta dal patriarca per salvare il nipote Lot dalle mani dei nemici che lo avevano catturato. “Nella sua figura, potere regale e sacerdotale convergono e ora vengono proclamati dal Signore in una dichiarazione che promette eternità: il re celebrato dal Salmo sarà sacerdote per sempre, mediatore della presenza divina in mezzo al suo popolo, tramite della benedizione che viene da Dio e che nell’azione liturgica si incontra con la risposta benedicente dell’uomo. La Lettera agli Ebrei fa esplicito riferimento a questo versetto e su di esso incentra tutto il capitolo 7, elaborando la sua riflessione sul sacerdozio di Cristo. Gesù è il vero e definitivo sacerdote, che porta a compimento i tratti del sacerdozio di Melchìsedek rendendoli perfetti”.
“Nel Signore Gesù risorto e asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre, si attua la profezia del nostro Salmo e il sacerdozio di Melchìsedek è portato a compimento, perché reso assoluto ed eterno, divenuto una realtà che non conosce tramonto. E l’offerta del pane e del vino, compiuta da Melchìsedek ai tempi di Abramo, trova il suo adempimento nel gesto eucaristico di Gesù, che nel pane e nel vino offre se stesso e, vinta la morte, porta alla vita tutti i credenti. Sacerdote perenne, santo, innocente, senza macchia, egli, come ancora dice la Lettera agli Ebrei, può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio; egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore”.
Alla fine del Salmo c’è il re trionfante che, “appoggiato dal Signore” sbaraglia i nemici e giudica le nazioni. “Il sovrano, protetto dal Signore, abbatte ogni ostacolo e procede sicuro verso la vittoria. Ci dice: sì, nel mondo c'è tanto male, c'è una battaglia permanente tra bene e male e sembra che il male sia più forte. No! Più forte è il Signore, il nostro vero Re e sacerdote, Cristo, perché combatte con la forza di Dio e nonostante tutte le cose che ci fanno dubitare sull'esito positivo della storia, vince Cristo e vince il bene, vince l'amore, non l'odio".
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