Papa: il cammino per la santità non è un peso, ma un aiuto a portare il fardello della vita
Illustrando all’udienza generale la figura di san Giovanni della Croce, Benedetto XVI sottolinea come la santità non è “privilegio di pochi”, ma cammino al quale tutti sono chiamati. Quello che rende l'anima "pura e libera" è “eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Capire che il cammino verso la santità “non è un peso aggiunto al già sufficientemente duro fardello della nostra vita”, ma una luce che l’uomo porta in sé, “una forza che ci aiuta a portare questo fardello”. Perché lo sforzo umano è incapace da solo di sradicare le cattive abitudini della persona, può solo frenarle, ma per eliminarle ha bisogno dell’“azione decisva” di Dio. Un cammno per rendere l'anima “pura e libera” nel quale si deve “eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose”. E’ l’insegnamento che Benedetto XVI ha tratto dalla vita e dell’opera di san Giovanni della Croce, il “Doctor mysticus”, la figura del quale ha illustrato alle seimila persone presenti all’udienza generale.
Proseguendo nella descrizione dei dottori della Chiesa alla quale sta dedicandosi da alcune settimane, il Papa ha oggi posto la questione se “questo grande santo, con la sua mistica ha qualcosa da dire anche a noi, ad ogni cristiano normale che vive nelle circostanze di vita di oggi, o è solo un modello per poche anime elette”. Per “trovare una risposta - ha proseguito - dobbiamo anzitutto capire che la vita di Giovanni non fu un volare sulle nuvole mistiche: era una vita molto dura, pratica e concreta”, fino al carcere, dove “subì insulti incredibili e maltrattamenti fisici, eppure in carcere scrisse una delle sue opere più belle”. Perchè la santità “non è un privilegio di pochi”, ma un cammino al quale sono chiamati tutti.
Il “Doctor mysticus”, “uno dei più importanti poeti lirici della letteratura spagnola”, nacque a Fontiveros nel 1542 da una “famiglia poverissima”: suo padre era stato cacciato di casa e diseredato perché aveva sposato Caterina, umile tessitrice di seta. La morte del padre spinse la famiglia a Medina del Campo, dove il giovane fu ammesso come infermiere all’ospedale della Concezione e a 18 anni nel collegio dei gesuiti. Alla fine della sua formazione aveva ben chiara la sua vocazione alla vita religiosa e nel 1563 entrò nei carmelitani della città, assumendo il nome religioso di Mattia. Inviato all’università di Salmanca, nel 1567 fu ordinato sacerdote e tornò a Medina del Campo per la sua prima messa. Qui c’è il primo incontro, “decisivo per entrambi”, con santa Teresa d’Avila, che stava conducendo la riforma dell'ordine dei carmelitani. Teresa gli espose il suo piano di riforma del cammino e propose a Giovanni di aderirvi “a maggior gloria di Dio”. Giovanni “fu affascinato dal progetto”. I due lavorarono insieme alcuni mesi per inaugurare il 28 dicembre 1568 la prima casa dei Carmelitani scalzi. Nel rinnovare la professione religiosa adottarono un nuovo nome e Giovanni si chiamò “della Croce”.
Fu una “adesione non facile”, culminata nel 1577 nel “rapimento e incarcerazione nel convento dei Carmelitani dell’antica osservanza di Toledo a seguito di un’accusa ingiusta. Per mesi fu sottoposto a privazioni fisiche e morali”. Nella notte tra il 16 e il 17 agosto 1578 riuscì a fuggire, rifugiandosi nel monastero delle carmelitane.
Ripresosi, nel 1572 su richiesta di santa Teresa divenne confessore e vicario del monastero di Avila dove la santa era priora. Fu un periodo di “collaborazione e arricchimento spirituale di entrambi”. Fu poi destinato in Andalusia dove trascorse 10 anni in vari conventi e specialmente a Granada, dove completò stesura dei suoi trattati. Rientrato come superiore a Segovia, nel 1591 fu destinato alla nuova provincia religiosa del Messico. Mentre si preparava al nuovo incarico si ammalò gravemente. Sopportò con pazienza una “enorme sofferenza”. Morì il 14 dicembre 1591, mentre i suoi confratelli recitavano l’ufficio. Le sue ultime parole furono: “Oggi vado a cantare l’Ufficio in cielo”.
Fu beatificato da Clemente X nel 1675 e canonizzato da Benedetto XIII 1726. Nel 1926 Pio XI lo ha proclamato dottore della Chiesa.
Nelle sue opere principali - Salita del Monte Carmelo, Notte oscura, Cantico spirituale, Fiamma d'amor viva - si trova una “profonda dottrina mistica”. Nel Cantico spirituale san Giovanni presenta “il cammino di purificazione dell’anima, e cioè il progressivo possesso gioioso di Dio, finché l’anima perviene a sentire che ama Dio con lo stesso amore con cui è amata da lui”. Nella “Ascesa al monte Carmelo” c’è “l'itinerario spirituale dal punto di vista della purificazione progressiva dell’anima, necessaria per scalare la vetta della perfezione cristiana”. Nella Notte oscura si descrive “l’aspetto passivo, ossia l'intervento di Dio nel processo di purificazione dell'anima”. “Lo sforzo umano infatti è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle abitudini cattive della persona, può solo frenarle ma non sradicarle completamente”, mentre “la necessaria azione speciale di Dio purifica radicalmente”. In questo senso Giovanni della Croce parla di “purificazione passiva”, che è “pur accettata dall’anima è realizzata dallo Spirito Santo che è come una fiamma di fuoco che consuma ogni impurità”. Quel che rende l’anima “pura e libera” è “eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose”.
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