Papa: Gesù non appartiene al passato, è una realtà che vive con noi
Proseguendo nell’illustrazione della figura e del pensiero di San Paolo, Benedetto XVI ne indica il modo di “conoscere” davvero una persone, non “nella carne”, ma “col cuore”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Per “conoscere” Gesù, ciò che conta non è sapere i dettagli della sua vita, non va visto come un evento della storia, del passato, ma va seguito l’esempio di San Paolo che tratta Gesù come una “realtà viva”. “Gesù è vivo, parla per noi e vive con noi. Questo è il modo vero” per conoscerlo, come “nostro fratello che è con noi, che ci mostra come vivere e come morire”. E’ ciò che ci insegna la “conoscenza” di Gesù da parte di San Paolo, tema del quale Benedetto XVI ha parlato alle 25mila persone presenti in Piazza San Pietro per l’udienza generale.
Proseguendo nelle sue catechesi dedicate all’Apostolo delle genti, il Papa ha infatti proposto all’attenzione dei fedeli “cosa San Paolo ha saputo su Gesù terreno”, sulla sua vita, i suoi insegnamenti, la sua passione.
San Paolo, ha osservato Benedetto XVI, distingue due modi di conoscere Gesù ed in generale una persona. Nella Lettera ai Corinzi scrive che “non conosciamo più nessuno secondo la carne…”. Per Paolo ci sono due modi di conoscere una persona: “conoscere secondo la carne significa conoscere in modo solo esteriore, con criteri esteriori: si conosce la sua faccia, la sua figura, dettagli sulla sua vita, ma non si conosce realmente, il nucleo della persona, chi è. Solo col cuore si conosce veramente e in verità una persona”. In concreto “sadducei e farisei hanno conosciuto Gesù, hanno sentito il suo insegnamento, la sua vita, ma tuttavia non lo hanno conosciuto”.
Anche Gesù chiese “cosa dice di me la gente?”. E chiese ai dodici “e voi chi credete che io sia?”. “La gente lo conosce ma non sa chi è. I Dodici sì”. “Anche oggi è cosi: ci sono persone che sanno quasi tutti i dettagli su Gesù ma non lo hanno conosciuto e ci sono persone umili che non sanno tutti i dettagli, ma lo hanno conosciuto”.
Per quanto specificamente riguarda Paolo “sembra sicuro che non lo ha visto, non lo ha incontrato nella vita terrena”, ma lo ha conosciuto tramite gli apostoli, la Chiesa nascente. Lo confermano, ha sottolineato il Papa, vari riferimenti, anche espliciti e diretti, che le Lettere hanno a Gesù prepasquale, come la discendenza davidica, le parole sull’indissolubilità del matrimonio, quelle dell’Ultima cena. Conosce il sermone della Montagna e ne cita quasi testualmente alcuni passi, come quello sull’amore reciproco e verso i persecutori.
Il Papa ha ricordato altri modi della “fedele trasposizione” in Paolo della tradizione prepasquale, come il fatto che sul Monte degli ulivi, “i discepoli prima di addormentarsi avevano sentito Gesù chiamare il Padre ‘abba’, parola molto familiare, usata dai bambini, impensabile per gli ebrei usarla per Dio, ma Gesù vero figlio parla così al Padre”. E Paolo usa la parola: “i battezzati possono rivolgersi così al Padre, possono parlare come Gesù, perché sono divenuti figli nel Figlio”. Un altro “riflesso fedele” delle parole di Gesù è stato indicato da Benedetto XVI portando ad esempio la frase sul “figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire…” che nella dottrina paolina porta alla “morte di Gesù come riscatto, redenzione, riconciliazione. Avremo occasione – ha aggiunto - di parlare della morte di Gesù come mistero di riconciliazione”.
Paolo, in conclusione, “non pensa a Gesù in veste di storico, come persona del passato. La conosce, ma la tratta come realtà viva, le sue parole non appartengono al passato, ma Gesù è vivo, parla per noi e vive con noi”. “Questo è il modo vero, in questo modo dobbiamo anche noi imparare a conoscere Gesù, non nella carne, ma come nostro fratello che è con noi, che ci mostra come vivere”.
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