Ora la Cina “ammette” che i treni veloci non sono sicuri
Il governo centrale diminuisce le velocità dei treni, sospende nuovi progetti, ordina controlli capillari e studia maggiori misure di sicurezza. L’alta velocità è sempre stata un grande vanto del governo cinese, ma ora le autorità continuano a tacere sulla sicurezza e sul disastro di Wenzhou.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo centrale ha dichiarato ieri che è sospesa l’approvazione di nuovi progetti ferroviari per l’alta velocità, che le linee esistenti saranno sottoposte ad attenti controlli e che intanto la velocità dei treni sarà ridotta in modo “appropriato”, mentre sono allo studio maggiori misure di sicurezza. La decisione conferma che l’alta velocità cinese è molto meno sicura di quanto affermato, e rinvigorisce la protesta dei parenti delle vittime del disastro ferroviario del 23 luglio a Wenzhou (Zheijiang), che ha causato 40 morti e circa 200 feriti.
I treni ad alta velocità sono sempre stati indicati dalla Cina come importante dimostrazione del proprio rapido progresso. L’autocelebrazione non era venuta meno neanche quest’anno dopo l’arresto per corruzione dell’allora ministro delle Ferrovie, e la Cina prevedeva di investire 2.800 miliardi di yuan entro il 2015 per potenziare le linee veloci. Ora il Consiglio di Stato dice di voler rivedere il 12mo Piano Quinquennale, ponendo massima attenzione sulla sicurezza delle ferrovie anche a costo di limitare il previsto sviluppo dell’alta velocità. Alla fine del 2010 nel Paese sono stati realizzati 8358 chilometri di ferrovie ad alta velocità e ne erano programmati 16mila entro il 2020.
Il ministro per le Ferrovie Sheng Guangzu fa sapere di avere inviato 47 gruppi di ispezione per un controllo “totale” sulla sicurezza. Inoltre saranno ridotte le velocità: i treni che corrono a 350 chilometri orari procederanno a 300 chilometri, e quelli a 250 saranno rallentati a 200 chilometri. Il costo dei biglietti sarà pure ridotto “in modo corrispondente”. Inoltre sarà aumentato il tempo di distanza tra le partenze di treni, per ridurre rischi di collisione con il convoglio precedente, come accaduto a Wenzhou, quando le partenze erano distanziate di appena 30 minuti, davvero poco per ovviare a una situazione di emergenza o per correggere un errore umano.
Queste iniziative aumentano i dubbi circa l’effettiva sicurezza dell’alta velocità cinese, anche perché è raro per Pechino un così rapido ed esteso dietro front rispetto a situazioni consolidate.
L’analista economico Jack Xu di Shanghai osserva che “la sospensione dell’approvazione di nuovi progetti è un’iniziativa imprevista”, anche perché “le politiche del governo sono davvero importanti per le ditte di costruzione e quelle che forniscono quanto necessario” per le ferrovie. Infatti la decisione del governo ha avuto immediati contraccolpi sulla borsa di Hong Kong: le azioni della China Railway Group Ltd hanno perso oggi il 7,4%, le aziende ferroviarie hanno ceduto quasi il 30% dal disastro di luglio, mentre sono balzate in alto quelle delle compagnie aeronautiche.
Ma le autorità non hanno tuttora spiegato come sia potuta accadere la collisione tra i 2 treni a Wenzhou, nonostante le insistite richieste dei parenti delle vittime, come pure dell’opinione pubblica. Invece permane una rigida censura, che talvolta sconfina nella farsa.
Come il caso di Yang Feng, che nel disastro ha perso la partner incinta, la cognata, la suocera, la nipote di 4 anni. Yang era stato uno degli animatori delle proteste la notte del 23 luglio quando, subito dopo il disastro, condusse i parenti infuriati a protestare in strada e davanti al municipio locale. Tuttavia egli ha in seguito disertato le successive proteste e ora fonti di stampa accusano che il governo abbia “comprato” il suo silenzio. Yang, sul suo microblog, ha ammesso che le autorità gli hanno ceduto il diritto di vendere i biglietti ferroviari in alcune città, ma insiste che “i profitti saranno devoluti in un fondo per i parenti delle vittime e per i feriti” del disastro.
Analisti osservano che la vicenda, se vera, mostra autorità preoccupate di mettere a tacere i critici, anche comprandone il silenzio, pur di non far emergere la completa verità. Anche se il premier Wen, pochi giorni dopo il disastro, ha promesso indagini rapide e informazioni complete, non solo sul disastro ma anche una inchiesta sulla sicurezza dei treni.
I treni ad alta velocità sono sempre stati indicati dalla Cina come importante dimostrazione del proprio rapido progresso. L’autocelebrazione non era venuta meno neanche quest’anno dopo l’arresto per corruzione dell’allora ministro delle Ferrovie, e la Cina prevedeva di investire 2.800 miliardi di yuan entro il 2015 per potenziare le linee veloci. Ora il Consiglio di Stato dice di voler rivedere il 12mo Piano Quinquennale, ponendo massima attenzione sulla sicurezza delle ferrovie anche a costo di limitare il previsto sviluppo dell’alta velocità. Alla fine del 2010 nel Paese sono stati realizzati 8358 chilometri di ferrovie ad alta velocità e ne erano programmati 16mila entro il 2020.
Il ministro per le Ferrovie Sheng Guangzu fa sapere di avere inviato 47 gruppi di ispezione per un controllo “totale” sulla sicurezza. Inoltre saranno ridotte le velocità: i treni che corrono a 350 chilometri orari procederanno a 300 chilometri, e quelli a 250 saranno rallentati a 200 chilometri. Il costo dei biglietti sarà pure ridotto “in modo corrispondente”. Inoltre sarà aumentato il tempo di distanza tra le partenze di treni, per ridurre rischi di collisione con il convoglio precedente, come accaduto a Wenzhou, quando le partenze erano distanziate di appena 30 minuti, davvero poco per ovviare a una situazione di emergenza o per correggere un errore umano.
Queste iniziative aumentano i dubbi circa l’effettiva sicurezza dell’alta velocità cinese, anche perché è raro per Pechino un così rapido ed esteso dietro front rispetto a situazioni consolidate.
L’analista economico Jack Xu di Shanghai osserva che “la sospensione dell’approvazione di nuovi progetti è un’iniziativa imprevista”, anche perché “le politiche del governo sono davvero importanti per le ditte di costruzione e quelle che forniscono quanto necessario” per le ferrovie. Infatti la decisione del governo ha avuto immediati contraccolpi sulla borsa di Hong Kong: le azioni della China Railway Group Ltd hanno perso oggi il 7,4%, le aziende ferroviarie hanno ceduto quasi il 30% dal disastro di luglio, mentre sono balzate in alto quelle delle compagnie aeronautiche.
Ma le autorità non hanno tuttora spiegato come sia potuta accadere la collisione tra i 2 treni a Wenzhou, nonostante le insistite richieste dei parenti delle vittime, come pure dell’opinione pubblica. Invece permane una rigida censura, che talvolta sconfina nella farsa.
Come il caso di Yang Feng, che nel disastro ha perso la partner incinta, la cognata, la suocera, la nipote di 4 anni. Yang era stato uno degli animatori delle proteste la notte del 23 luglio quando, subito dopo il disastro, condusse i parenti infuriati a protestare in strada e davanti al municipio locale. Tuttavia egli ha in seguito disertato le successive proteste e ora fonti di stampa accusano che il governo abbia “comprato” il suo silenzio. Yang, sul suo microblog, ha ammesso che le autorità gli hanno ceduto il diritto di vendere i biglietti ferroviari in alcune città, ma insiste che “i profitti saranno devoluti in un fondo per i parenti delle vittime e per i feriti” del disastro.
Analisti osservano che la vicenda, se vera, mostra autorità preoccupate di mettere a tacere i critici, anche comprandone il silenzio, pur di non far emergere la completa verità. Anche se il premier Wen, pochi giorni dopo il disastro, ha promesso indagini rapide e informazioni complete, non solo sul disastro ma anche una inchiesta sulla sicurezza dei treni.
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