Nostra Signora di Sheshan, la persecuzione e la divisione
di Bernardo Cervellera
I cattolici cinesi, in patria e del mondo, hanno pregato per la Chiesa in Cina, secondo l’intenzione di Benedetto XVI nella lettera del giugno 2007. Il santuario mariano è luogo di incontro fra cristiani sotterranei e ufficiali; il governo continua a proibire i pellegrinaggi. Unità nella verità per la Chiesa in Cina e nei rapporti fra Pechino e il Vaticano.
Roma (AsiaNews) – Il 24 maggio scorso, festa di Nostra Signora Aiuto dei cristiani, i cattolici cinesi, in patria e del mondo hanno pregato per la Chiesa in Cina, secondo l’indicazione di Benedetto XVI, contenuta nella sua Lettera del giugno 2007, in cui chiedeva di celebrare una Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa in Cina il 24 maggio, giorno della festa di Nostra Signora di Sheshan, il santuario nazionale alla periferia di Shanghai.
Sheshan è stato sempre un luogo in cui cristiani sotterranei e ufficiali si sono incontrati nella devozione a Maria. L’idea del Papa, contenuta nella Lettera e ripetuta il giorno di Pentecoste, è che “i fedeli che sono in Cina pregano affinché l'unità tra di loro e con la Chiesa universale si approfondisca sempre di più, i cattolici nel mondo intero - specialmente quelli che sono di origine cinese - si uniscono a loro nell’orazione e nella carità”.
Da allora e per gli ultimi tre anni la Giornata di preghiera ha avuto un discreto successo in Italia e all’estero, dove le conferenze episcopali hanno preparato sussidi e celebrazioni. Ma ha avuto anche un discreto successo in Cina, pur con tutta la resistenza che il governo e le associazione patriottiche hanno attuato per fermare i fedeli nei pellegrinaggi verso Sheshan.
Da quando il papa ha indicato Sheshan come il luogo dove pregare per l’unità della Chiesa in Cina, nel mese di maggio, il governo di Shanghai ha proibito il pellegrinaggio al santuario dalle diocesi vicine. Di solito nel giorno del 24 maggio, sulla collina della Madonna si radunavano almeno 20 mila fedeli. Da tre anni invece vi sono solo poche migliaia, tutte da Shanghai. Agli altri fedeli è proibito avvicinarsi grazie a un dispiego di forze dell’ordine e “volontari” che fermano i fedeli perfino sulle strade che portano al santuario, distanti diversi chilometri.
Ma i sacerdoti e i vescovi cinesi non si sono persi d’animo e hanno trasformato la Giornata in una appuntamento diocesano. Molte testimonianza che abbiamo ricevuto parlano di messe, adorazioni e benedizioni eucaristiche, pellegrinaggi a santuari locali. Tutti, fedeli delle comunità ufficiali e sotterranee hanno pregato per l’unità e la fraternità fra i due rami della Chiesa. Tutti hanno pregato anche per i giovani vescovi della Chiesa ufficiale, perché siano rafforzati nella testimonianza e nella comunione col successore di Pietro; tutti hanno pregato per i vescovi della Chiesa sotterranea ancora in prigione.
Da questo punto di vista, la Giornata ha davvero un grande successo perché crea in ogni fedele aspettative e preoccupazioni comuni.
Ma è soprattutto l’unità fra i vescovi e fra di loro e il papa che occorre potenziare. Il governo di Pechino non sta attuando una persecuzione crudele come in passato. Anche i vescovi sotterranei che sono scomparsi sono forse in qualche luogo isolato, ma mancano di libertà. La vera persecuzione che esso sta attuando è quella della divisione. Arrestando vescovi che chiedono la libertà di religione, Pechino mette in guardia i vescovi ufficiali, forse un po’ timorosi, che essi rischiano di perdere quel poco di libertà di culto che ad essi è concessa.
Allo stesso tempo, Pechino non sembra ostacolare nuove ordinazioni episcopali approvate dal Vaticano (come a Xiamen, Hohhot, Haimen). Ma esso provvede a inserire fra i vescovi concelebranti qualche vescovo scomunicato, così da rendere più difficile l’unità con i fedeli sotterranei e da compiere un gesto in dispregio al papa. Proprio nel marzo scorso, la Commissione Cina-Vaticano ha diramato un testo secondo cui “i vescovi cinesi hanno la piena dignità e responsabilità di guidare le comunità cattoliche; devono evitare gesti che vanno contro la comunione con il Papa, come ordinazioni episcopali, concelebrazioni e incontri pubblici con vescovi illeciti”.
Ad AsiaNews pensiamo che lavorare per l’unità nella verità della Chiesa in Cina è il passo più importante, anche più dei rapporti diplomatici fra Pechino e il Vaticano. Occorre che i vescovi ufficiali si preoccupino dei loro confratelli sotterranei scomparsi e che le comunità sotterranee siano più amiche e misericordiose verso gli ufficiali.
La sete di Dio in Cina è grandissima; la popolazione è ormai nauseata dal materialismo. Dall’amore reciproco ci saranno frutti abbondanti per la missione.
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