05/08/2024, 07.39
RUSSIA
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Mosca: gli scambi illustri e i tanti prigionieri di coscienza dimenticati

di Vladimir Rozanskij

La liberazione ha riportato alla mente la sorte di Naval’nyj e provocato indignazione per l’equiparazione fra innocenti e colpevoli, spie e assassini. Nelle stesse ore moriva nei lager dopo uno sciopero della fame Pavel Kušnir. Le differenze rispetto agli scambi degli anni ‘70 e l’affermazione della Russia come “Stato canaglia”. La promessa di un ritorno di Kara-Murza. 

Mosca (AsiaNews) - Lo scambio di prigionieri tra Russia, Stati Uniti e Germania ha suscitato grande commozione per la liberazione dei più noti dissidenti dai lager, riproponendo con tono nostalgico il pensiero che fra loro avrebbe potuto esserci anche Aleksej Naval’nyj. E, allo stesso tempo, ha provocato notevole indignazione per aver messo sullo stesso piano gli innocenti e i colpevoli, i prigionieri politici con le spie e gli assassini, come il grande amico di Vladimir Putin, il killer dell’Fsb Vadim Krasikov.

Mentre gli eroi dell’opposizione politica alla dittatura sbarcavano ad Ankara, in Turchia, per raggiungere poi la propria meta finale, un altro attivista russo contro la guerra moriva nel lager dopo uno sciopero della fame, il 38enne pianista Pavel Kušnir. Ne ha dato notizia la fondatrice dell’associazione “Russia dietro le sbarre”, Olga Romanova, ricordando che nei lager russi ci sono ancora più di 800 prigionieri politici, i cui nomi non sono certo famosi come i dissidenti liberati, ma che si cerca di non dimenticare.

Il confronto tra i protagonisti dello scambio rende assai poco festosa la notizia, che pure è stata salutata come un grande successo diplomatico. Negli anni Settanta si scambiavano dissidenti per rivoluzionari, politici contro politici, non martiri contro criminali. Come fanno notare diversi commentatori, tra cui la politologa Marina Litvinovič, con questa operazione la Russia si è “definitivamente affermata come un Paese-canaglia, che non si vergogna ad espellere persone splendide in cambio di mostri”.

Putin ha dimostrato che il principio fondamentale della sua politica viene proprio dalla scuola del Kgb, per cui “non si abbandonano i nostri”, e abbracciando Krasikov ha lasciato intendere chi potrebbe guidare la Russia al suo posto; nessun altro politico della cerchia di potere può godere di tanto affetto e tale identificazione. Per ottenere il ritorno del suo “sosia-killer”, il presidente non si è neppure preoccupato del fatto che lo scambio legittima lo status di “prigionieri politici” per coloro che erano stati messi in lager per “estremismo”. Questo potrebbe dare più speranza ai molti rimasti dietro le sbarre, che non devono temere di “politicizzare” la loro condizione.

Tra i tanti commenti, si diffonde l’opinione che il presidente abbia accettato lo scambio per dimostrare la sua disponibilità alle trattative con l’Occidente per porre fine alla guerra, o quantomeno per congelare il conflitto mantenendo le posizioni acquisite nei territori occupati. Gli stessi dissidenti liberati hanno però ammonito che “non è il momento di aspettare, ma di agire”, come ha affermato Andrej Pivovarov nella conferenza-stampa tenuta a Bonn insieme a Vladimir Kara-Murza e Ilja Jašin. Servono gesti concreti che “dimostrino la falsità dell’immagine del mondo che viene riversata sui cittadini russi dalla propaganda di Stato, per cui la Russia è una fortezza assediata dai nemici”.

Gli eroi dell’opposizione chiedono ai Paesi occidentali di “tendere la mano ai russi” soprattutto ai giovani, di invitarli a studiare in Europa o in America, “affinché vedano che qui vivono uomini come loro, non gli orchi di cui parla la televisione russa”. Anche Kara-Murza assicura che “molti russi sono contrari a Putin, non credete alla propaganda, non confondete la Russia con il regime di Putin”. Ognuno dei sedici prigionieri è stato accompagnato allo scambio dal “proprio” custode dell’Fsb, e quello di Vladimir gli ha detto “guarda la tua patria, perché non la rivedrai mai più”. Kara-Murza gli ha risposto che “so per certo che noi torneremo in Russia, arriverà quel giorno in cui sarà un Paese europeo, libero e civilizzato”, invitando tutti a “fare di tutto affinché quel giorno si avvicini il più possibile”. Molte altre persone attendono di essere liberate, “non solo quelle che sono rinchiuse nei lager, e non solo i cittadini russi”, conclude Ilja Jašin.

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