La 'terza fase' di To Lam: accentrare il potere per accelerare lo sviluppo
Sbaragliati gli avversari interni con la "lotta alla corruzione", nei documenti in vista del Congresso dell'anno prossimo il segretario generale del Partito comunista di Hanpo esprime l'intenzione di rafforzare l’innovazione tecnologica e la crescita economica. Promossi megaprogetti tra cui una ferrovia da 67 miliardi di dollari e la ricostruzione di due centrali nucleari. Ma non mancano le sfide dettate dalle agende conflittuali di Cina e Stati Uniti.
Hanoi (AsiaNews) - La centralizzazione del potere in Vietnam nel corso del 2024 è stata strumentale per promuovere l’innovazione tecnologica e proiettare il Paese sullo scenario globale. È questa la visione del segretario generale del Partito comunista vietnamita, To Lam, annunciata lo scorso agosto poco dopo la sua nomina e ribadita di recente attraverso una serie di dichiarazioni e articoli che sottolineano l’importanza del 14° Congresso del Partito, previsto per il prossimo anno.
Nella sua dottrina, ufficialmente adottata dal Comitato centrale a settembre, To Lam individua tre fasi nella storia recente del Vietnam: il periodo che va dal 1930 al 1975, ed è segnato dalla lotta per l’indipendenza dal colonialismo e dalla riunificazione del Paese; la seconda fase è quella caratterizzata dalle riforme Doi Moi, attuate nel 1986 per realizzare “un’economia socialista orientata al mercato”; e la terza, quella della "ascesa" nazionale, inizia oggi e terminerà nel 2046. Secondo il leader comunista, i prossimi cinque anni saranno cruciali per accelerare lo sviluppo del Vietnam attraverso l’innovazione tecnologica, e a tal scopo il 2025 dovrà essere interamente dedicato alla preparazione del prossimo Congresso del Partito, in cui verranno mostrati i frutti del nuovo governo.
In un articolo intitolato “Vietnam scintillante”, pubblicato il 3 febbraio in occasione del 95° anniversario della fondazione del Partito comunista, To Lam ha celebrato i risultati ottenuti dal Paese a 40 anni dalle riforme Doi Moi. “Il Vietnam si è trasformato da Paese povero, dilaniato dalla guerra e sottoposto a sanzioni, in una nazione in via di sviluppo, a medio reddito e profondamente integrata nella politica globale, nell’economia mondiale e nella civiltà umana”. Il leader ha evidenziato anche il calo della povertà, passata “dal 60% nel 1986 all’1,93% attuale”. Ora, la missione del Partito, ha ribadito To Lam, è di “guidare il Paese verso un'era di sviluppo e prosperità in cui si costruisca con successo un Vietnam socialista con un popolo ricco, una nazione forte e una società democratica, equa e civile, al fianco delle potenze dei cinque continenti”. Per farlo, il Partito dovrà essere reso “integro e forte”, l’apparato burocratico dovrà diventare “snello” e dovrà essere garantita una maggiore integrazione tra scienza, tecnologia e amministrazione.
Questa visione si è già concretizzata nel 2024 con la massiccia campagna anti-corruzione “fornace ardente”, che ha epurato migliaia di esponenti politici e quadri del Partito. Il sistema politico vietnamita si basa sui cosiddetti “quattro pilastri”, le quattro figure di vertice dell’esecutivo, in cui il ruolo predominante è assegnato al segretario generale del Partito. L’ascesa di To Lam è stata favorita dalla morte del precedente leader di governo, Nguyen Phu Trong, e dall’epurazione di diversi esponenti di spicco, su cui To Lam, al tempo ministro della Pubblica sicurezza, aveva accumulato dossier compromettenti: a marzo è stato costretto alle dimissioni per corruzione Vo Van Thuong, presidente della Repubblica e stretto alleato di Trong, seguito poco dopo dal presidente dell'Assemblea Nazionale, Vuong Dinh Hue, e dal segretario esecutivo del Partito, Truong Thi Mai. In questa situazione, solo To Lam era rimasto a poter prendere le redini del Paese in base alle regole di successione del Partito.
Come hanno osservato alcuni esperti, la discussione su una nuova fase del Vietnam era in corso da tempo, ma mancavano il consenso e la volontà politica per attuare riforme concrete. Dallo scorso autunno il cambio di rotta del governo, invece, è diventato evidente: a novembre l’Assemblea Nazionale ha approvato un megaprogetto ferroviario da 67 miliardi di dollari per collegare il Paese da nord a sud, che ridurrebbe il tempo di percorrenza dalle attuali 35 ore a meno di sei. Inoltre, è stata sbloccata la costruzione di due centrali nucleari, un piano fermato nel 2016 dopo il disastro di Fukushima. Per la ferrovia, il governo vietnamita ha chiesto un prestito di 8 miliardi di dollari alla Cina, mentre per le centrali nucleari il Partito ha dichiarato che avvierà trattative con Russia, Giappone, Corea del Sud, Francia e Stati Uniti.
Ancora una volta, questi progetti sarebbero stati difficilmente realizzabili senza una ristrutturazione dell’apparato statale e senza la centralizzazione del potere nelle mani di To Lam, che è stato nominato anche presidente del Comitato direttivo centrale per lo sviluppo della scienza, della tecnologia, dell'innovazione e della trasformazione digitale, settori a cui il Partito ha chiesto di dedicare almeno il 3% della spesa governativa.
Allo stesso tempo, con l’arrivo di To Lam al potere, il Vietnam ha fissato obiettivi di crescita economica superiori all’8%, in netto rialzo rispetto alla media del 6,5% registrata tra il 1987 e il 2024. Per raggiungere questi obiettivi, sono previsti ulteriori tagli dell’apparato burocratico, con la soppressione di almeno una posizione su cinque nelle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, i piani di To Lam stanno già incontrando le prime difficoltà, in particolare la minaccia di imposizione di dazi sulle importazioni di acciaio da parte degli Stati Uniti, annunciata nei giorni scorsi dal presidente Donald Trump.
Negli ultimi anni, la crescita economica del Vietnam è stata trainata dalla competizione geopolitica tra Washington e Pechino. Il Paese ha attratto aziende tecnologiche costrette a lasciare la Cina a causa della guerra commerciale con gli Stati Uniti, ma la forte dipendenza dalle forniture cinesi ha impedito un’indipendenza economica completa. La leadership comunista sembra ora consapevole della necessità di svincolarsi gradualmente da questa dipendenza, ma non è ancora chiaro quale strategia adotterà Hanoi per bilanciare le tensioni tra Pechino e Washington. Al momento, To Lam sembra intenzionato a mantenere la cosiddetta “diplomazia del bambù”, cercando di bilanciare gli interessi di Cina, Stati Uniti e, in misura minore, anche della Russia.