03/05/2011, 00.00
VIETNAM
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I “preti di Stato”, una vera sfida per la Chiesa vietnamita

di Kelly-Ann Nguyen
L’arcidiocesi di Saigon ha rimosso un sacerdote che si è candidato alle elezioni, ma il fenomeno di chierici che collaborano più o meno apertamente con il regime è un fenomeno preoccupante, perché finisce con l’allontanare i fedeli. Il caso di un prete che ha interrotto i parrocchiani che recitavano il Rosario per convocarli a un incontro elettorale.
Hanoi (AsiaNews) – L’avvicinarsi delle elezioni per il Congresso nazionale del popolo, con la candidatura di tre sacerdoti, ha nuovamente evidenziato il problema dei “preti di Stato” che ferisce la Chiesa vietnamita. Persone che usano e abusano dei beni della Chiesa e del loro ruolo per sostenere il Partito comunista, dal quale, in cambio, ricevono aiuti di ogni genere e che, con il loro comportamento, allontanano i fedeli.
 
L’arcidiocesi di Saigon ha rimosso uno dei candidati, padre Phan Khac Tu, che è il responsabile di “Cattolici e popolo”, rivista fondata nel 1975, al momento dell’unificazione del Paese, con il sostegno del governo e divenuto noto per le sue frequenti critiche contro Giovanni Paolo II e il Vaticano. La sua campagna elettorale ha evidenziato il suo coinvolgimento nella guerra, dal momento che egli sostiene di aver gestito durante il conflitto una piccola fabbrica di bombe a mano da usare contro i soldati americani. “Una decisione che apprezziamo”, dice padre Peter Nguyen, che aggiunge: “il contrasto tra il suo comportamento e le prescrizioni del Diritto canonico era stato evidenziato anche da alcune agenzie cattoliche come AsiaNews, Catholic World News, VietCatholic News e altre nel mondo”.
 
Altrove, come a Thai Binh, il coinvolgimento di un sacerdote nella campagna elettorale ha dato vita a un forte contrasto con i fedeli. Arrivando alla chiesa di Trung Chan, il 29 aprile, i fedeli hanno visto con fastidio il loro pastore, padre Vincent Pham Van Tuyen, che, invece di preararsi per la messa era impegnato a organizzare, sotto un tendone, un incontro con alti funzionari della provincia per lanciare la campagna per le elezioni (nella foto).
 
A quanto riferisce una fonte locale, i fedeli sono comunque entrati in chiesa, nella convinzione che la celebrazione non sarebbe stata cancellata. Ma il loro raccoglimento era disturbato dagli altoparlanti istallati per l’incontro tra il sacerdote e i suoi “compagni”, ripreso anche da un canale della Tv. La tensione è cresciuta quando padre Tuyen è entrato in chiesa per chiedere ai suoi parrocchiani di sospendere la recita del Rosario per unirsi all’incontro che si svolgeva all’esterno, per far apparire in televisione una maggiore partecipazione “popolare”.
 
Il sacerdote, che è un membro di rilievo del Fronte popolare della provincia, in precedenza è stato parroco di Pho Hien, nella provincia di Hung Yen, fino a quando nella sua chiesa non è andato più nessun fedele. “Dal momento che padre Tuyen lavorava per il governo – spiega ad AsiaNews uno dei suoi ex-parrocchiani – nessuno voleva andare da lui a confessarsi, nel timore che poi lui avrebbe riferito alla polizia”. “Ci chiedevamo se i sacramenti amministrati da lui fossero validi o non “ e “stare per anni senza confessarci e senza fare la comunione, pian piano ci ha portati lontano”.
 
Sarebbe però un grave errore pensare che questa sia la realtà della Chiesa vietnamita, nella quale la maggior parte dei sacerdoti pagano duramente, e sono pronti anche a dare la vita, per seguire la via della santità e servire con zelo Dio e i loro fratelli e sorelle. Ma sarebbe ingenuo sottostimare gli sforzi vigorosi e subdoli con i quali i servizi di sicurezza tentano di infiltrarsi nella Chiesa per sovvertirla e distruggerla dal di dentro.
 
Questi sforzi hanno dato come risultato che c’è una parte dei sacerdoti che sono divenuti, a vario livello, informatori del regime e che fanno del loro meglio per collaborare col Partito e alcune centinaia di altri – chiamati “linh mục quốc doanh” (preti di Stato) che non vedono la necessità di nascondere i loro rapporti col regime. Sono pubblicamente legati al Partito e ad altre strutture ad esso collegate, come il Comitato per la solidarietà dei cattolici, creato nel 1975 con l’obiettivo di dar vita a una Chiesa “patriottica” di tipo cinese, staccata da Roma.  
I “preti di Stato” creano disfunzioni all’interno della Chiesa. E’ tipico il fatto che le autorità si adoperino per togliere al vescovo i suoi poteri per permettere ad alcuni di tali sacerdoti una gestione parallela della diocesi. E in alcuni casi, quando servono permessi statali, si dice che hanno messo in secondo piano il vescovo.
 
Padre Peter, che era cappellano nell’esercito del Vietnam del Sud, racconta ad AsiaNews che “nel 1975, come altri cappellani, sono stato messo in prigione, dove sono rimasto per 12 anni. Nel giorno del mio rilascio, un esponente del Partito comnista mi dice: ‘Vai a casa, sosati e fai dei figli’. Pensavo che fosse uno scherzo, ma non lo era. Nei due anni successivi il mio vescovo ha fatto del suo meglio, ma inutilmente, per assegnarmi a uno degli incarichi che si rendevano disponibili”. “Ma un giorno - prosegue il racconto – mi si disse di andare a trovare un sacerdote che era il residente del Fronte popolare. Pochi giorni dopo avevo un incarico. E oggi non so dire chi regge la diocesi”.
 
“E’ vero - dice padre Andrew - che ci troviamo di fronte a questo tipo di difficoltà”. “Prima della fine del blocco sovietico - spiega – c’erano dei sacerdoti che erano veri seguaci del comunismo. La loro passione per il comunismo è stata una grave minaccia per la Chiesa. Ma questo è passato. Ora, con l’eccezione di una piccola minoranza di preti che hanno collaorato con il regime per i loro bisogni o per denaro, credo che la maggior parte di loro si comporta come fa per debolezza, minacce, paura o ricatto. Il fatto è che, eccettuate le principali città, i sacerdoti sono piuttosto isolati. Se non si sentono protetti dal loro vescovo, dove volgono lo sguardo?”.
 
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