Corte suprema indiana contro rimozione del sondino a paziente in stato vegetativo
Sentenza sul caso di una famiglia esasperata che chiedeva lo stop per un trentenne da 11 anni alimentato artificialmente non riuscendo più a sostenere i costi. I giudici: "Sarebbe morte per fame, non eutanasia passiva. Ma il governo si adoperi per fornire una forma di sostegno alla famiglia". Il dott. Carvalho, cattolico indiano esperto d bioetica: "Una sentenza compassionevole".
Delhi (AsiaNews) - La Corte Suprema dell’India il 20 agosto ha respinto la richiesta di due genitori che chiedevano l'eutanasia passiva per il loro figlio trentenne che è stato in stato vegetativo da 11 anni. Ma ha al contempo chiesto al governo federale indiano di attivarsi per trovare un istituto in grado di sostenere questa famiglia che non riesce più a fare fronte alle spese per i trattamenti.
Ashok Rana, 62 anni, e Nirmala Devi, 55 anni, hanno lottato per salvare il figlio che aveva subito un grave trauma cranico e tetraplegia (disabilità al 100%) dopo essere caduto dal quarto piano di una pensione a pagamento a Mohali, nel Punjab, mentre frequentava un corso di laurea in ingegneria civile. Il loro avvocato ha raccontato ai giudici che la misera pensione del padre era ormai insufficiente a sostenere la famiglia e che erano stati costretti a vendere la loro casa nel 2021 per far fronte alle crescenti spese mediche del figlio. Per questo hanno presentato alla Corte Suprema la richiesta di costituire una commissione medica per esaminare la rimozione del sondino di Ryles, lo strumento attraverso il quale il giovane finora è stato nutrito, appellandosi alla sentenza del 2018 attraverso cui l’India ha ammesso l'eutanasia passiva.
La Corte si è però opposta spiegando che non sarebbe un caso di eutanasia passiva. “Se il sondino di Ryles viene rimosso, il paziente morirà di fame - hanno spiegato il giudice capo D Y Chandrachud e dai giudici J B Pardiwala e Manoj Misra -. L'eutanasia passiva è una cosa molto diversa. Il tubo di Ryles non è un sistema di supporto vitale”. Un giudizio analogo era già stato espresso sul caso dall’Alta Corte di Delhi.
Al tempo stesso i giudizi non sono comunque rimasti insensibili di fronte a questo caso straziante di due genitori che hanno lottato per più di un decennio, hanno speso i risparmi di una vita e tuttavia non vedono la luce alla fine di un lungo e arduo viaggio. La Corte ha per questo chiesto al procuratore generale Aishwarya Bhati di consultare il governo dell'Unione per stabilire se si possa trovare una soluzione permanente, ovvero prendersi cura dell'uomo trentenne in stato vegetativo e liberare i genitori dai loro vincoli finanziari.
Commentando questo caso ad AsiaNews, il dott. Pascoal Carvalho, medico che ha prestato servizio presso la Pontificia Accademia per la vita (PAV) in Vaticano, ha affermato: “Accogliamo con favore questa sentenza che, pur difendendo la cultura della vita, è anche compassionevole nei confronti di coloro che si prendono cura di lui e cerca cure palliative a domicilio per il paziente”.
Il dott. Carvalho ha fatto riferimento anche al nuovo testo della Pontificia Accademia per la Vita “Piccolo lessico sulla fine della vita” pubblicato all’inizio di questo mese che, pur ribadendo il "no" assoluto all'eutanasia e al suicidio assistito, contiene una nuova apertura da parte del Vaticano rispetto al cosiddetto "trattamento aggressivo", in particolare l'obbligo di fornire cibo e idratazione ai pazienti in stato vegetativo. “Nella sezione 13 del volume, che affronta la questione del cibo e dell'idratazione, si fa riferimento alla dichiarazione Dignias infinita recentemente pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, che ribadisce la necessità di evitare ‘ogni terapia aggressiva o intervento sproporzionato’ nel trattamento di pazienti con gravi malattie. La Pontificia Accademia per la Vita - continua Carvalho – ha comunque insistito sul fatto che questa posizione non è in conflitto con la posizione precedentemente assunta dal dicastero per la Dottrina della fede sulla questione del cibo e dell'idratazione, contenuta in una risposta del 2007 ai vescovi negli Stati Uniti sull'obbligo morale di fornire cibo e acqua ai pazienti in stato vegetativo, anche attraverso mezzi artificiali”.
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