Chiesa di Cina, frutto della persecuzione e della crisi del materialismo
Le difficoltà del passato – la divisione fra “ufficiali” e “sotterranei” - e la persecuzione di ieri e di oggi non hanno fermato la crescita della Chiesa. A tutt’oggi, pur con tanti limiti, la Chiesa accoglie giovani, intellettuali, poveri migranti, malati di Aids, dopo gli anni del materialismo spietato contro Dio e contro l’uomo.
Roma (AsiaNews) - Nella Lettera ai cattolici cinesi, appena pubblicata, il papa dà un’immagine tutta nuova della Chiesa in Cina. Egli si rallegra per la fedeltà dimostrata dai cattolici durante i quasi 60 anni di persecuzione comunista. Nello stesso tempo fa appello all’unità e alla riconciliazione fra cattolici ufficiali e non ufficiali e ricorda che il cammino della Chiesa “è sostenuto dall’esempio e dalla preghiera di tanti ‘testimoni della fede’ che hanno sofferto e perdonato, offrendo la loro vita per l’avvenire della Chiesa cattolica in Cina” (n. 6).
Si sottolinea sempre che la Cina è cambiata: i nuovi traguardi economici; l’ideologia comunista in crisi; la corruzione dei governanti alle stelle; la politica religiosa ambigua, con aperture e chiusure, novità e durezze, modernità e prigionie. Dentro questi sconvolgimenti anche la Chiesa sta cambiando. Se nel ’49, alla presa di potere di Mao, vi erano 3 milioni di cattolici, oggi ve ne sono almeno 12 milioni. La Chiesa sta lentamente superando il dramma della divisione fra “patriottici” e “sotterranei”, fra fedeli legati al Partito e quelli legati al papa. La crisi del comunismo e il massacro di Tiananmen hanno mostrato il vero volto del potere in Cina, facendo rinsavire i “patriottici”; la tenace amicizia dei papi - e di Giovanni Paolo II in particolare – ha ormai ricondotto all’unità e alla collaborazione un gregge un tempo diviso. In più, la testimonianza di tanti martiri, spinge molti a interessarsi a una fede che apprezza la verità, più che i favori e il compromesso.
Con 150 mila battesimi di adulti ogni anno, la Chiesa cattolica cinese si mostra viva in mezzo alle persecuzioni. Infatti le conversioni - in maggioranza di giovani - avvengono mentre il governo confisca proprietà della Chiesa ufficiale e cerca di annientare i sacerdoti sotterranei, costretti ogni sera a dormire in luoghi diversi per evitare la cattura. Eppure le diverse comunità cristiane riescono a produrre e diffondere corsi di teologia per corrispondenza; nelle città si predica il Vangelo via computer e compact disc; nelle università i cristiani dibattono insieme agli intellettuali i problemi sociali di oggi: lo sviluppo economico, l’inquinamento, la crisi del materialismo.
Agli inizi degli anni ’80, la Chiesa di Cina, appena uscita dall’uragano della Rivoluzione culturale e da una chiusura quasi ventennale dei seminari e dei conventi, era una Chiesa ancora divisa, povera di clero, con sacerdoti molto anziani, senza religiosi o religiose. Oggi la Chiesa della Cina è giovane e più unita: in molte diocesi l’età media dei sacerdoti è sui 34-35 anni; in molte aree fioriscono vocazioni religiose femminili a carattere diocesano, anche se rimane il divieto governativo a far nascere e radunare vocazioni religiose maschili. Anche gli impegni ecclesiali sono maturati. Da una semplice pastorale di sopravvivenza, i cattolici sono passati a un impegno massiccio nella carità verso orfani, anziani, malati di Aids. In molti casi, nella Cina che ha eliminato ogni sostegno sociale, essi offrono cure mediche gratuite ai poveri. Tutti questi impegni della Chiesa ufficiale e non ufficiale sono ben visti dal governo perché rispondono a bisogni che lo Stato stesso ignora o non riesce a soddisfare.
I problemi di questa Chiesa – al di là di quelli esterni causati dalla persecuzione – sono dovuti soprattutto al gap generazionale, al divario fra i nuovi convertiti e le leve più anziane.
Nel clero e fra le religiose mancano figure di mezz’età (50-60 anni, corrispondenti agli anni della Rivoluzione Culturale), che dovrebbero avere funzione di leadership, o di direttori spirituali.
Senza modelli da seguire, il rischio è che le giovani vocazioni si esauriscano nell’attivismo e nelle pratiche di pietà, o magari nella ricerca di carriera.
Un altro problema cocente è l’urgenza di passare da una fede di devozioni e precetti a una fede più adulta, capace di vivere e testimoniare la gioia del rapporto con Gesù Cristo. In molti villaggi nelle campagne, le persone si convertono alla fede perché i sacerdoti cattolici sanno scacciare i demoni o, attraverso la preghiera, riescono a guarire gli infermi. Ma nelle megalopoli e città, i cattolici cinesi imparano ad offrire una risposta di fede ai problemi della loro società, caratterizzata da un consumismo che produce il vuoto spirituale nei giovani. In molte università i cristiani lavorano e studiano fianco a fianco con professori che cercano di riflettere ai mali suscitati dal violento sviluppo economico: l’inquinamento delle acque e delle città, le migrazioni, la corruzione e la mancanza di legalità.
Dopo decenni di materialismo spietato verso Dio e verso l’uomo, “la gente ha sete di Dio”, dice ad AsiaNews un sacerdote, “ma di un Dio che aiuti a trasformare la società”. “La Chiesa - continua – è chiamata “ad ascoltare il grido silenzioso nel cuore della gente”, mostrando che “una sana collaborazione fra la fede e la ragione migliora la vita umana e incoraggia il rispetto per la creazione”. E infatti, fra i nuovi battezzati vi sono insegnanti di università e studenti universitari, persone che si fanno domande sul senso della vita e per i quali i miti del buddismo e del taoismo – le religioni più diffuse nella tradizione cinese - per quanto rispettabili, non tengono di fronte alle esigenze scientifiche e di ragionevolezza.
Fra i neo-battezzati vi sono pure poveri e migranti, giovani che sono arrivati in città dalle loro campagne, desiderando qualche briciola di ricchezza per le loro famiglie. Nel mondo economico cinese essi sono trattati come schiavi, mal pagati o perfino non pagati, bollati come illegali. Nella Chiesa essi trovano sostegno ed aiuto.
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