15/12/2004, 00.00
VATICANO - FILIPPINE
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Card. Lopez Trujillo: un'economia più umana è la vera sfida per gli Stati

di Lorenzo Fazzini
Caduto il "mito demografico", sono inaccettabili le politiche, come quella proposta a Manila, che incentivano un innaturale controllo sulle nascite.

Città del Vaticano (AsiaNews) - La sfida che gli Stati hanno oggi di fronte è quella di essere capaci di creare una economia più umana e rispondente ai bisogni delle famiglie. Intervistato da AsiaNews, il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, evidenzia infatti che, crollato il "mito demografico" che prevedeva un mondo superaffollato e quindi incapace di sostenere la sua popolazione, sono emersi invece problemi come "l'inverno demografico" che ha colpito Paesi ricchi come quelli europei. Prendendo spunto dalla "inaccettabile" Legge sui due figli proposta nelle Filippine, il cardinale afferma che nella nuova realtà, della quale stanno prendendo atto anche le Nazioni Unite, la Chiesa si aspetta dagli Stati scelte politiche capaci di risolvere anche i problemi di povertà, senza promuovere inattuali politiche di limitazioni delle nascite.

Sebbene sia ormai accertato che erano infondate le previsioni di coloro che prevedevano crescite abnormi della popolazione, alcuni Stati continuano a promuovere programmi di limitazione delle nascite. Nelle Filippine, ad esempio, è stata proposta la "Legge sui due figli", per la quale lo Stato deve favorire le famiglie che auto-limitano le nascite dei figli, in quanto, si sostiene, la crescita demografica è "causa della povertà" del Paese, per cui va limitato l'aumento degli abitanti, anche con sovvenzioni alle aziende produttrici di anticoncezionali.

Le politiche demografiche degli Stati - risponde il card. Lòpez Trujillo - devono avere un profondo senso di realismo e di responsabilità, sempre con il rispetto dovuto agli interessi, al bene e alla libertà della famiglia. Riguardo al realismo, occorre sottolineare che il mito demografico ha sofferto, fortunatamente, un profondo cambiamento, e così oggi non c'è ragione di essere sottoposti a quella artificiale paura di alcuni anni fa. È necessario, per una oggettività anche delle politiche demografiche, riconoscere che le tesi maltusiane secondo le quali la popolazione aumenterebbe a un ritmo geometrico, e le risorse a un ritmo aritmetico, non resistono più a una critica elementare. I dati degli ultimi anni mostrano che le presunzioni che prima si diffondevano come serie e fondate scientificamente, oggi non lo sono più. È molto interessante vedere come questo è riconosciuto dalle stesse Nazioni Unite, e concretamente dalla sua Population Division. Il 27 settembre scorso la rivista Newsweek ha pubblicato diverse pagine con dati presi da differenti studi che fanno riflettere in quel senso (pp. 56-63). Anche i nostri esperti, dalle diverse parti del mondo, da tempo hanno ritenuto che questo mito demografico è crollato, e che oggi ci sono altre sfide. In Europa, ad esempio, c'è quella del cosiddetto "inverno demografico". Così le nazioni non potranno avere un futuro e avranno una perdita tragica della popolazione che rappresenta, come si è detto, un suicidio.

Ma non crede che sia necessario anche tener conto delle differenti realtà?

È importante vedere la situazione delle diverse nazioni. Può darsi che in alcune, come è il caso delle Filippine, ancora ci sia una certa pressione e debba farsi fronte a una reale, locale, sfida. Ma è lì che i demografi devono fare uno sforzo di una vera valutazione del problema, insieme con le possibilità economiche, politiche, e culturali.

Quali sono i problemi di questo crollo del mito demografico?

Sarebbe lungo rispondere a questa domanda. Ma dieci anni fa si parlava di una popolazione, per l'anno 2025, che nell'ipotesi alta raggiungeva anche l'11,5 miliardi di popolazione. C'era anche un'ipotesi media, più bassa. Oggi la realtà è che nessun demografo pensa secondo le inquietudini di anni fa, e che come fa il Prof. Gérard-François Dumont dell'Università della Sorbona e anche del centro dell'Istituto demografico francese, ritiene che neppure nel 2100 si arriverà ai 9 miliardi. Così quella possibilità di cui ho parlato per l'anno 2025, oggi si ritiene che neanche si arriverà agli 8 miliardi. La differenza fra ciò che si aspettava prima, e quello che più seriamente si vede adesso, è considerevole.

Anche è molto interessante, ritornando alla rivista Newsweek, che cita dati molto recenti delle Nazioni Unite, vedere aspetti molto significativi. Dice che tutta l'Europa e le nazioni vicine hanno il tasso di fertilità totale di una media di 1,4 (p. 58). Un tempo la piramide della popolazione europea era normale e regolare, con una base ampia e una cima ridotta. Oggi si è in via di capovolgere questa piramide, come mostrano diversi studi, nel senso che, dice il professor Dumont, si va facendo la base della piramide meno ampia, più ridotta, e la cima più ampia, con tutti i problemi che questo suscita, e che per il futuro prevedono un peso molto serio per i pochi giovani, che dovranno sopportare una immensa popolazione di anziani.

Ci sono però realtà come la Cina.

Va vista con attenzione anche la situazione della Cina, che da un tasso di fertilità di 5,8 nel 1970, oggi può avere soltanto 1,3. Dice la rivista Newsweek che cominciando dall'anno 2050, i dati dell'ONU prevedono un crollo del 20-30% della popolazione dopo ogni generazione (p. 59). In una delle nazioni a più grande crescita demografica, questa riduzione è molto significativa. Oggi in diverse nazioni i governi piuttosto intendono aiutare le famiglie perché si inverta le proiezioni del crollo demografico -come succede in Francia, nei Paesi Bassi, in Scandinavia, a Singapore, ecc.

La "Legge dei due figli" viene proposta in un Paese - le Filippine - notoriamente cattolico. Le teorie del controllo delle nascite prendono piede in una nazione profondamente segnata dal cattolicesimo: come giudicate tutto questo?

Molto sicuramente quanto è avvenuto in tante nazioni avrà luogo anche nelle Filippine, nel senso di una progressiva riduzione della popolazione. In un primo momento ancora ci sarà una crescita. Ma dopo, come sta accadendo globalmente nel mondo, si è stabilizzata la situazione e si passerà a una riduzione. Sappiamo bene che la Chiesa Cattolica non chiede, in modo acritico e irresponsabile, semplicemente di avere più figli, ma di garantire la responsabilità degli sposi perché rispondano alla missione procreativa, veramente umana, tenendo in conto le loro possibilità che i figli abbiano una educazione, una sicurezza nei diversi campi (salute, alloggio, lavoro nel futuro, ecc.). È anche ben noto che quando ci sono delle ragioni serie per gli sposi, possono ricorrere ai metodi naturali, per i quali il Santo Padre ha parlato in diversi occasioni (cf. specialmente Familiaris Consortio 35 e 72, Evangelium Vitae 88 e 97, e Catechismo della Chiesa Cattolica 2370; cf. anche le pubblicazioni del Pontificio Consiglio per la Famiglia, specialmente Metodi naturali per la regolazione della fertilità: l'alternativa autentica. Ed. Vita e Pensiero, Milano 1994). Il problema più importante è quello di far sì che lo Stato sappia funzionare come tale, che sappia creare una economia più umana e rispondente ai bisogni delle famiglie.

Si sostiene che avere meno figli è un modo di combattere la povertà.

La maggiore povertà è la nascita dei figli fuori del focolare domestico. Questa è la sfida della povertà che in alcuni casi è vera miseria. Ma le difficoltà non devono portare gli sposi a rifiutare la responsabilità di una missione degli sposi per aver dei figli che, davanti Dio e alla coscienza, e con i criteri che la Chiesa dà, possano avere.

Fissare, come politica demografica dello Stato, due figli per famiglia, mi sembra che non corrisponda ai compiti dello Stato, ma alla responsabilità degli sposi, che vanno sempre aiutati dallo Stato per la loro missione.

La legge proposta nelle Filippine afferma che la crescita demografica è la causa della povertà del Paese. Com'è possibile far capire in concreto che la miseria non si combatte con metodi contrari all'uomo e alla vita umana?

È un approccio inaccettabile, come mostrano demografi e economisti. Fallisce una politica di Stato, una conveniente distribuzione, una globalizzazione umana. E tante volte le guerre e una certa corruzione in vari Paesi, sono le cause delle difficoltà. I demografi potranno vedere più concretamente la situazione nelle Filippine, senza la tentazione di imporre un inumano controllo della natalità contro l'anima e la cultura religiosa di un popolo cattolico, fatto che non possono dimenticare i governanti.
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