09/05/2011, 00.00
CINA
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Ancora arresti, ancora repressione per i cristiani sotterranei di Shouwang

di Wang Zhicheng
Arrestati ieri almeno 15 persone. Dal 10 aprile sono centinaia i cristiani arrestati perché hanno tentato di pregare in pubblico, dopo che il governo ha tolto loro l’uso di locali affittati. I fedeli imprigionati sono “felici” di pregare in prigione e di “annunciare il vangelo alle guardie”. La politica religiosa del governo è giudicata “obsoleta” da accademici cinesi. Pechino teme una “rivoluzione dei gelsomini”, dato che vari attivisti si sono convertiti al cristianesimo.
Pechino (AsiaNews) – Per la quinta settimana continua il braccio di ferro fra la comunità cristiana protestante di Shouwang e la polizia della capitale. Ieri altri 15 fedeli sono stati arrestati perché hanno tentato di tenere un servizio liturgico in un parco pubblico nella zona di Zhongguancun.
 
La comunità di Shouwang, di circa 1000 fedeli, è una comunità tecnicamente “illegale” (sotterranea) perché non registrata. Ma essi da anni chiedono di essere riconosciuti dal governo, il quale nega loro la registrazione. In più il governo ha di continuo fatto espellere la comunità dai luoghi di ritrovo: un piano intero in un edificio, che la comunità aveva affittato; la sala di un ristorante, che i fedeli affittavano ogni settimana.
 
La comunità di Shouwang ha deciso di tenere i suoi servizi liturgici all’aperto, in luoghi pubblici finché il governo non si deciderà a concedere loro la registrazione o un luogo di culto. Da allora ogni domenica centinaia di fedeli si presentano a Zhongguancun e vengono arrestati dalla polizia che in massa controlla l’area.
 
La prima domenica, il 10 aprile scorso, la polizia ha arrestato 169 fedeli; la domenica seguente altri 50; più di 30 nelle scorse due settimane; oltre 15 ieri. Dopo qualche giorno le persone vengono liberate, ma subiscono minacce e sono di fatto messi agli arresti domiciliari. Anche i pastori della chiesa sono agli arresti domiciliari.
 
Alcuni fedeli, usciti dalla prigione si sono detti “felici” per aver avuto la possibilità di pregare e cantare inni in cella, “annunciando il vangelo alle guardie della prigione”.
 
Diversi accademici pensano che ormai la politica religiosa del governo è obsoleta e che è tempo di cambiarla. Pechino permette libertà di culto solo a comunità ufficialmente registrate, in luoghi registrati e con personale registrato, sotto il controllo delle associazioni patriottiche, longa manus del partito.
 
Nel caso dei cristiani protestanti, Pechino vuole che tutti i fedeli appartengano al Movimento delle tre autonomie, l’organizzazione ufficiale che raduna tutte le chiese protestanti. Ma i fedeli dicono che tale organizzazione è “troppo sottomessa al Partito e non a Dio”. Solo 23 milioni di protestanti appartengono al Movimento delle tre autonomie. Più del doppio (e forse fino a 80 milioni) sono i fedeli che si radunano in chiese “domestiche” non registrate.
 
La serie di arresti verso i cristiani protestanti coincide con una serie di arresti verso attivisti democratici e avvocati per i diritti umani. Pechino teme che ogni movimento non controllato dal Partito possa scatenare la scintilla di una “rivoluzione dei gelsomini” simile a quella che sta scuotendo l’Africa del Nord e il Medio oriente. Tale timore è causato dal fatto che molti attivisti per i diritti umani si sono convertiti al cristianesimo. I membri della comunità di Shouwang hanno però sempre ripetuto che essi sono interessati solo alla religione e non alla politica.
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