“Purificazione della memoria”a Tokyo, la Dieta riconosce che gli Ainu sono indigeni
di Pino Cazzaniga
Primi abitanti dell’arcipelago, gli Ainu sono stati cacciati dalle loro terre e giuridicamente cancellati, costretti ad abbandonare la loro lingua e persino i loro nomi.
Tokyo (AsiaNews) – E’ una specie di nobile purificazione della memoria la decisione presa dalla Dieta (parlamento) giapponese, di riconoscere che gli Ainu sono un popolo indigeno del Giappone. La risoluzione, adottata nei giorni scorsi all’unanimità dalla camera bassa e dal senato, stabilisce che “il governo riconoscerà gli Ainu come popolo indigeno che hanno diritto alla loro lingua, religione e cultura” inoltre riconosce le sofferenze sopportate dagli Ainu a causa della discriminazione e povertà. “Questo è per noi un evento storico perchè si pone finalmente termine alle ingiustizie del passato”, ha commentato Takahashi Kato, presidente dell’associazione degli Ainu dell’Hokkaido.
Passata la risoluzione, il segretario generale del gabinetto, Nobutaka Machimura, ha subito comunicato che “il governo riconoscerà solennemente il fatto storico che molti Ainu sono stati emarginati e costretti alla povertà con l’avanzare della modernizzazione nonostante fossero legalmente uguali a tutti gli altri giapponesi”.
La risoluzione è importante per tre motivi: primo, perchè è stata approvata sia dalla camera bassa che dal senato, quindi da tutto lo schieramento politico, dato che, numericamente, nel senato l’opposizione ha la maggioranza; secondo, perché gli Ainu d’ora innanzi avranno, almeno indirettamente, l’appoggio delle Nazioni Unite. Infatti il Giappone è tra i 144 Stati che hanno votato a favore della dichiarazione delle minoranze etniche, adottata dall’assemblea generale dell’ONU nel settembre scorso. Hanno votato contro solo 4 Paesi: Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Infine la decisione della Dieta ci sembra un salto di qualità nel processo di democratizzazione del popolo giapponese. La storia antica e recente degli Ainu in Giappone conferma il giudizio positivo.
Fino al 300 a.C. gli Ainu, (“esseri umani” nella loro lingua), di razza caucasica erano diffusi in tutto il Giappone. In seguito sono arrivati gli antenati degli attuali giapponesi che iniziando dall’isola del Kyushu hanno formato un etnia potente che ha dato origine a un popolo ben unito con l’apparire del governo imperiale nella pianura di Yamato (la regione attorno a Osaka e Kyoto) verso il 300 d.C. Nella impossibile convivenza con gli Ainu, che essi chiamavano Emishi o Ezo, “barbari”, i nuovi arrivati con aspre battaglie, durate secoli, li hanno costretti a emigrare a nord. Ancora nella prima metà del secolo XIX la più a nord delle quattro maggiori isole del Giappone, l’Hokkaido, che allora si chiamava Ezo, era abitata dagli Ainu.
Con il processo di modernizzazione, nota in Giappone come Restaurazione Meiji (1868) iniziò una politica di forzata assimilazione degli Ainu: l’uso della loro lingua divenne illegale, furono costretti ad adottare nomi giapponesi e le loro terre furono distribuite agli immigrati giapponesi. Il timore che la Russia si impossessasse dell’isola sembra sia stato uno dei motivi per la rapida e forzata assimilazione. Nel 1871 con la legge della registrazione familiare, gli Ainu legalmente cessarono di esistere perchè considerati parte della popolazione giapponese. In realtà furono emarginati sia a livello economico che culturale. Molti emigrarono all’estero.
Questa situazione è durata fino al 1997 quando un tribunale ha riconosciuto che gli Ainu sono una minoranza indigena. Al riconoscimento della magistratura ha fatto seguito, il 6 giugno scorso, quello della legislatura accettata, poi, dall’esecutivo.
Il commento dei media, specialmente dei quotidiani più prestigiosi, è stato positivo e anche entusiasta. Asahi pubblica ogni giorno in prima pagina una colonna intitolata (nell’ edizione inglese) “Vox populi, vox Dei”, una specie di meditazione laica. Commentando la decisione del parlamento a favore degli Ainu, l’autore prende spunto dall’Ainu shinyoshu, Collezione dei canti degli dei Ainu, raccolti e tradotti 85 anni fa da Yukie Chiri (1903-1922), e scrive “Una società guadagna in profondità quando incontra culture e usanze diverse. Al contrario qualsiasi società che crede nella finzione della ‘singola entità etnica’ produce un’arroganza fuorviante”. La storia giapponese della prima metà del secolo XX ne è una tragica prova. Con l’annessione della Corea (1910) il governo imperialista ha applicato alla Corea lo stesso metodo di assimilazione usato per la minoranza etnica Ainu, e dal 1931 al 45 ha tentato di applicarlo anche alla Cina e ad altre nazioni dell’Asia.
L’attuale iniziativa della Dieta è dunque una specie di nobile purificazione della memoria. Ne prendiamo atto con ammirazione. All’inizio del prossimo mese presso il lago Toya, al centro dell’isola dell’Hokkaido, in una cornice di singolare bellezza naturale, si raccoglieranno come in un ritiro, i capi di Stato del G.8. Contemporaneamente centinaia di Ainu residenti all’estero ritorneranno nella loro antica terra quasi per ricordare al mondo che una nazione si deteriora se uccide l’anima dei popoli.
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