Yangon, inizia il processo contro Aung San Suu Kyi
La leader dell’opposizione rischia una condanna fra i tre e i cinque anni di galera. La giunta blinda l’area attorno al carcere e impedisce l’accesso a diplomatici stranieri. Tagliate le linee telefoniche con l’estero. Campagna firme di intellettuali e politici per chiede la liberazione della “Signora”.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Oggi a Yangon è iniziato il processo a carico di Aung San Suu Kyi, accusata di aver violato i termini degli arresti domiciliari per aver ospitato un cittadino americano nella sua abitazione. La comunità internazionale giudica i capi di imputazione “privi di fondamento” e ne chiede l’immediata scarcerazione; in vista del processo la giunta militare ha tagliato le linee telefoniche – solo alcuni telefoni cellulari riescono a comunicare con l’estero – e blindato l’area attorno al carcere di Insein.
Aung San Suu Kyi, che ha trascorso 13 degli ultimi 19 anni agli arresti domiciliari, rischia una condanna tra i tre e i cinque anni. La Nobel per la pace e leader del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld) potrebbe inoltre essere esclusa dalle elezioni politiche del 2010; si tratta della prima tornata elettorale degli ultimi 20 anni, dopo la schiacciante vittoria della Nld nel 1990 e mai riconosciuta dalla dittatura militare al potere.
Come anticipato da AsiaNews all’indomani del fermo di John William Yettaw, il 53enne cittadino americano autore dell’incursione nella villa di Suu Kyi, la vicenda appare un “pretesto” montato “ad arte” dalla giunta militare per mantenere agli arresti la “Signora”. Il prossimo 27 maggio scadono i termini dei domiciliari a carico della Nobel, che ora rischia invece una pesante condanna.
La giunta ha blindato l’area attorno al carcere di Insein, a Yangon. Ai diplomatici di Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Australia è stato impedito di accedere al carcere. Nel frattempo intellettuali, attivisti, politici e uomini di spettacolo hanno lanciato una campagna per la liberazione di Aung San Suu Kyi: fra i firmatari Vàclav Havek, Robert De Niro, Salman Rushdie, Steven Spielberg, Madeleine Albright e l’arcivescovo Desmond Tutu.
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