Xinjiang come il Tibet: più finanziamenti e massimo controllo di polizia
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Altri 4 uiguri sono stati condannati a morte per le proteste del luglio scorso a Urumqi, capitale dello Xinjiang. Intanto Pechino annuncia maggiori investimenti proprio nello Xinjiang. Esperti osservano che questo fiume di denaro beneficerà soprattutto gli etnici han e ipotizzano un disegno politico di perseguitare la popolazione locale uiguri e favorire il sempre maggior potere degli emigrati han.
Il 26 gennaio il tribunale di Urumqi ha condannato a morte 4 persone per “delitti di estrema gravità”, come riferisce Ma Xinchun, direttore dell’Ufficio stampa del governo di Urumqi, senza spiegare meglio. Una quinta persona è stata condannata a morte, ma con sospensione dell’esecuzione per due anni e la possibilità di commutarla in carcere a vita. I nomi dei condannati appaiono essere di etnici uiguri. Con queste, ci sono state almeno 26 condanne a morte per le proteste di luglio, alcune delle quali già eseguite.
Gli uiguri ormai sono una minoranza nella loro stessa terrra (circa il 46% di 21 milioni di residenti), in quanto le autorità cinesi hanno favorito la massiccia immigrazione degli han, con vantaggi nei commerci e nei posti di potere. Il 5 luglio scorso gli uiguri assalirono la maggioranza han, scatenando una vera guerriglia urbana e bruciando auto. Due giorni dopo gli han hanno scatenato rappresaglie contro gli uiguri. Gli scontri hanno causato almeno 197 morti e migliaia di feriti, anche per l’intervento della polizia. Però gli arrestati e i condannati a morte o a gravi pene detentive sono, per quanto noto, quasi tutti uiguri.
Intanto Zhou Yongkan, responsabile del Partito comunista dello Xinjiang per la sicurezza interna, ha rivelato l’intenzione di Pechino di erogare maggiori finanziamenti alla regione, “per accelerarne lo sviluppo e promuoverne l’ordine e la stabilità interni”. Il problema è stato discusso 2 giorni fa dai leader di Pechino. Tra l’altro si parla di grandi investimenti delle ditte cinesi leader per il petrolio e il gas, di cui la regione è ricca. Lo Xinjiang è cresciuto dell’8% nel 2009.
Nicholas Bequelin, esperto del gruppo prodiritti Human Rights Watch, osserva che Pechino vuole risolvere i contrasti con le autonomie etniche, come in Xinjiang e in Tibet, accelerando lo sviluppo economico, invece che concedere maggior autonomia e rispetto per le popolazioni locali come queste chiedono. Sono numerose le analogie con la politica adottata per il Tibet: persecuzione contro gli autoctoni con condanne al carcere e discriminazioni, ampi finanziamenti che favoriscono soprattutto i gruppi di potere (vedi AsiaNews del 26.1.2010: Nuova politica per il Tibet: repressione e modernizzazione).
Peraltro gli autoctoni uiguri denunciano da tempo che lo sviluppo economico beneficia soprattutto gli etnici han, che detengono posizioni di potere e commerci, e che la regione è spogliata delle vaste risorse locali a vantaggio delle opulente province costiere.
Bequelin osserva che “lo Xinjiang è più importante del Tibet per i vertici politici di Pechino, perché è ricco di petrolio e di gas e ha grande importanza strategica” per la sua posizione geografica e perché per esso passano gli oleodotti provenienti da Iran e Asia centrale. “Ma questi nuovi piani di sviluppo non danno un effettivo aiuto alle minoranze etniche, è davvero improbabile che beneficino queste minoranze”.
Tra i maggiori fondi per lo Xinjiang, il 10 gennaio i media statali hanno riportato il raddoppio delle spese per la sicurezza pubblica, da 1,54 a 2,89 miliardi di yuan (da circa 160 a circa 300 milioni di euro).