12/12/2014, 00.00
CINA
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Xinjiang, il governo vuole bandire il burqa: Si rischiano altri scontri

La veste, che copre le donne islamiche dalla testa ai piedi, è considerato dalle autorità locali un "simbolo di estremismo religioso". Già annunciato per il 2015 il bando delle attività religiose dagli uffici governativi, dalle scuole e dalle imprese di proprietà statali.

Urumqi (AsiaNews/Agenzie) - La proposta di bandire il burqa dalle strade della capitale della provincia occidentale dello Xinjiang "potrebbe scatenare nuove proteste violente" nella già turbolenta regione. Lo dicono esperti e analisti il giorno dopo che la Commissione permanente dell'Assemblea del popolo di Urumqi ha votato a favore della proposta, che impedisce alle donne di indossare l'abito islamico in pubblico. Lo riporta il sito di informazioni locale Tianshan.net.

Il testo della proposta deve ora essere rivisto dalla Commissione permanente dell'Assemblea provinciale, anche se l'articolo che ne parla - subito rimosso dal sito - non spiega quando avverrà questa rilettura. Il burqa, veste islamica che copre tutto il corpo delle donne, è considerato dalle autorità locali un "simbolo di estremismo religioso". Secondo Jiang Zhaoyong, esperto di affari etnici e residente a Pechino, questo "non fa parte della tradizione dello Xinjiang. Il bando è stato deciso per questioni di sicurezza pubblica. Alcuni lo indossano non per motivi religiosi, ma per esprimere attraverso i propri atti il risentimento contro la società".

Pechino ritiene che dietro una serie di attacchi omicidi - costati la vita a centinaia di persone nella regione - vi siano proprio degli estremisti religiosi. Nel 2011 il governo centrale ha lanciato un "Progetto abbellimento" per scoraggiare le donne locali dall'indossare vesti che coprano la faccia, e ha appoggiato operazioni contro la produzione e la vendita dei burqa. Lo scorso mese le autorità locali hanno annunciato che dal 2015 la pratica religiosa sarà bandita dagli uffici pubblici, dalle scuole e dalle imprese di proprietà dello Stato.

La provincia dello Xinjiang è una delle più turbolente di tutta la Cina: qui vive l'etnia uighura, circa 9 milioni di persone turcofone e di religione islamica, che ha sempre cercato di ottenere l'indipendenza da Pechino. Il governo centrale, da parte sua, ha inviato nella zona milioni di cinesi di etnia han per cercare di renderli l'etnia dominante. Inoltre impone serie restrizioni alla libertà religiosa, alla pratica musulmana, all'insegnamento della lingua e della cultura locale.

Dal 2009 è in atto un regime speciale di controllo da parte della polizia e dell'esercito cinese, imposto da Pechino dopo gli scontri nei quali quasi 200 persone persero la vita. In seguito a quelle violenze sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorità cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani, ma gli esuli sostengono che Pechino "esagera" la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura.

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