Xi Jinping e Biden servono lo stesso potere economico
Nel discorso di Davos, Xi rivendica la forza vincente del “modello Cina”. La stabilità politica a prezzo della repressione. Anche il “modello Usa”, con il suo “virus democratico”, ha delle vittime: immigrati, afro-americani, ma anche bianchi, piccoli imprenditori, operai. Fra i manifestanti a Washington vi erano molte vittime del sistema globalizzato. Le borse e il mondo finanziario guadagnano anche con la crisi del Covid. Il potere finanziario gioca con il “modello Cina” e con il “modello Usa”.
Roma (AsiaNews) – All’indomani dell’irenico discorso di Xi Jinping a Davos, c’è chi rivendica ancora una volta la forza vincente del “modello Cina”. Nei suoi 20 minuti di intervento, il presidente cinese ha riempito l’atmosfera dell’élite del commercio internazionale di slogan che vanno per la maggiore: no alla “guerra fredda”; sì al “dialogo e alla collaborazione”; “multilateralismo” e non “dominio l’uno sull’altro”; aiuto ai Paesi poveri e in via di sviluppo; ecc…
Una simile cesellatura di così tanti luoghi comuni è evidente per il fatto che proprio il Paese di Xi ha rifiutato la firma del trattato sulla messa al bando delle armi nucleari; che la Cina continua a costruire basi militari nel Mar Cinese meridionale, incurante delle rivendicazioni degli altri Paesi del sud-est asiatico; che sono i suoi jet militari – e lo stesso Xi Jinping - a minacciare Taiwan di una possibile riconquista con la forza.
Ma l’intervento fumoso e dolciastro aveva un messaggio chiaro, anzi due. Il primo è che solo la Cina sa garantire la “stabilità politica”. Xi ha detto: “Il criterio migliore [nel valutare i meriti di un sistema politico] è se il sistema storico, culturale, sociale di un Paese funziona in una situazione particolare, se riceve sostegno dal popolo, se serve a garantire la stabilità politica, il progresso sociale e una vita migliore, dando il suo contributo al progresso umano”.
Il secondo, molto simile al primo, è: non scegliete il modello Usa, sopravvissuto all’assalto a Capitol Hill da poche settimane e segnato dal virus della democrazia.
È da anni che la “bontà del modello Cina” viene discusso fra economisti, politici e imprenditori. Dopo la crisi del 2008, solo la Cina è capace di mostrare e impressionare con la crescita del suo Pil. E anche se la pandemia ha rallentato la sua corsa, essa è la prima ad essersi ripresa. Che Taiwan abbia fatto meglio di Pechino, non va considerato: ciò che importa è applaudire ai successi economici e pandemici che vengono da un sistema autoritario, che non si perde dietro l’ascolto delle diverse voci della società e alla libertà di espressione, così legata alla libertà di commercio.
Che tale sistema produca delle vittime sembra non interessare. Imprenditori come Jack Ma si vedono frenare nel loro slancio di globalizzazione; musulmani uiguri vengono costretti a campi di lavoro forzato e di de-islamizzazione; cristiani sono accusati di essere untori di Covid; intellettuali, dissidenti, nuovi cittadini, giornalisti vengono silenziati gettandoli nella miseria e in prigione. Tutto questo è considerato solo “un danno collaterale” al bene supremo della “stabilità politica”.
Con tutto questo, non siamo sostenitori del “modello Usa” o addirittura del “modello Trump”: anche gli Stati Uniti non hanno firmato il trattato anti-nucleare e sono al primo posto per la vendita di armi nel mondo (la Cina viene subito dietro) … Anche la società americana ha le sue vittime “collaterali”: immigrati, afro-americani, ma anche bianchi, piccoli imprenditori, operai, … Come diversi studiosi e osservatori hanno sottolineato, lo stesso assalto a Capitol Hill non può essere cancellato come un tentativo eversivo e presuntuoso di suprematisti. Molti – la maggior parte – di coloro che hanno manifestato il 6 gennaio a Washington erano le vittime di un sistema che con la scusa della globalizzazione, ha dimenticato le loro esigenze di salute, di dignità, di cultura, di lavoro. Da questo punto di vista, il tentativo di Biden di riportare tutto sotto l’inflessibilità della legge, quasi a voler cancellare questi elementi della società civile, è molto simile alla “stabilità politica” voluta da Xi.
Il vero problema è che sia negli Usa come in Cina – come in tutto il mondo – domina un potere, quello finanziario, che è incurante di quanto succede nella bassura della realtà e se ne discosta usando la legge del “politicamente corretto” di Biden o quella dispotica del Partito comunista cinese.
Nel 2020, a causa della pandemia sono morte quasi 2 milioni di persone; milioni di individui hanno perso il lavoro; i nuovi poveri sono cresciuti di almeno 100 milioni; l’economia globale ha perso un decimo della sua ricchezza. Eppure è impressionante che nello stesso periodo, il mondo della finanza abbia guadagnato come non mai: le borse sono state positive, le azioni sono cresciute di valore. Come nota l’economista Andy Xie, “la Tesla è cresciuta 10 volte; i bitcoin cinque volte e il Nasdaq è quasi raddoppiato”. Allo stesso tempo, in Cina, i prezzi delle case si sono innalzate, proprio mentre con il lockdown le città erano deserte.
Noi continuiamo a litigare fra sostenitori del “modello Cina” o “modello Usa”, ma in realtà dovremmo pensare come cambiare questa economia troppo basata sulla finanza e non sulla produzione reale di ricchezza. È questo potere finanziario che usa ora l’uno ora l’altro modello, ora tutti e due per accrescere il suo dominio, a cui va bene sia il potere di Biden, sia quello di Xi.
15/11/2004