Wukan, vittoria (di facciata) per gli abitanti
Il governo provinciale riconosce la Commissione eletta dal popolo, ha rimosso i leader locali eletti con i brogli e ha promesso una nuova inchiesta sulla morte (sospetta) di uno dei manifestanti. Pechino teme l’evolversi delle proteste sociali, e i quotidiani biasimano i dirigenti comunisti per “aver permesso un’evoluzione del genere”.
Guangzhou (AsiaNews/Agenzie) – Dopo mesi di proteste e quasi due settimane di assedio da parte della polizia, gli abitanti del villaggio meridionale di Wukan sembrano aver vinto la loro battaglia contro l'esproprio delle loro terre e le manipolazioni elettorali. Il governo locale ha riconosciuto infatti la legalità della Commissione di gestione nominata dai residenti, ha rimosso i leader comunisti eletti con i brogli e ha promesso una nuova inchiesta sulla morte di uno dei leader dei manifestanti.
Lo ha annunciato Lin Zuluan, che guida da mesi i suoi compatrioti nella lotta contro la corruzione. Dopo un incontro di un’ora e mezza con il vice segretario comunista della provincia del Guangdong e con il segretario di Shanwei, Zheng Yanxiong, Lin ha definito l’accordo “quasi ideale. Hanno riconosciuto gli errori commessi in malafede dai rappresentanti locali e hanno riconosciuto lo status legale della Commissione che abbiamo nominato per risolvere la crisi”.
Le tensioni a Wukan sono scoppiate lo scorso settembre, quando centinaia di abitanti hanno attaccato la sede del municipio e una stazione di polizia dopo la requisizione forzata di diversi ettari di terreno di loro proprietà. In seguito alla promessa di un’inchiesta da parte del governo centrale, le rivolte si erano calmate. Ma le indagini, cui si sono opposti i dirigenti locali, non hanno portato a nulla e le proteste sono riprese con più decisione.
La situazione è peggiorata con la morte – avvenuta durante un interrogatorio della polizia – di uno dei leader di Wukan. Anche su questo avvenimento, secondo Lin, le autorità provinciali si sono dette pronte a riaprire le indagini per ristabilire la verità. Gli abitanti del villaggio hanno accolto con gioia la novità e hanno rimosso i cartelli di protesta e le barricate erette contro la polizia: la loro vittoria, tuttavia, rischia di essere di facciata.
I media nazionali – primo fra tutti il quotidiano ufficiale del Partito, il Quotidiano del popolo – hanno biasimato i dirigenti locali “per aver permesso questa evoluzione della vicenda” e hanno invitato la leadership nazionale a “mettere sempre al primo posto il popolo”. Il riferimento però è alla stabilità sociale, non alle richieste dei cittadini. Meno duro il Global Times, l’edizione inglese, che chiede di “prendere sul serio le richieste della popolazione”.
La questione di Wukan si è guadagnata l’attenzione anche di Pechino. Il presidente Hu Jintao avrebbe chiesto almeno due volte come si stava evolvendo la situazione e diversi leader provinciali sono intervenuti per biasimare i colleghi. Il governo cinese teme moltissimo le proteste sociali, che si stanno moltiplicando di anno in anno: nell’anno solare 2010, secondo alcune stime, hanno superato le 180mila unità.
Lo ha annunciato Lin Zuluan, che guida da mesi i suoi compatrioti nella lotta contro la corruzione. Dopo un incontro di un’ora e mezza con il vice segretario comunista della provincia del Guangdong e con il segretario di Shanwei, Zheng Yanxiong, Lin ha definito l’accordo “quasi ideale. Hanno riconosciuto gli errori commessi in malafede dai rappresentanti locali e hanno riconosciuto lo status legale della Commissione che abbiamo nominato per risolvere la crisi”.
Le tensioni a Wukan sono scoppiate lo scorso settembre, quando centinaia di abitanti hanno attaccato la sede del municipio e una stazione di polizia dopo la requisizione forzata di diversi ettari di terreno di loro proprietà. In seguito alla promessa di un’inchiesta da parte del governo centrale, le rivolte si erano calmate. Ma le indagini, cui si sono opposti i dirigenti locali, non hanno portato a nulla e le proteste sono riprese con più decisione.
La situazione è peggiorata con la morte – avvenuta durante un interrogatorio della polizia – di uno dei leader di Wukan. Anche su questo avvenimento, secondo Lin, le autorità provinciali si sono dette pronte a riaprire le indagini per ristabilire la verità. Gli abitanti del villaggio hanno accolto con gioia la novità e hanno rimosso i cartelli di protesta e le barricate erette contro la polizia: la loro vittoria, tuttavia, rischia di essere di facciata.
I media nazionali – primo fra tutti il quotidiano ufficiale del Partito, il Quotidiano del popolo – hanno biasimato i dirigenti locali “per aver permesso questa evoluzione della vicenda” e hanno invitato la leadership nazionale a “mettere sempre al primo posto il popolo”. Il riferimento però è alla stabilità sociale, non alle richieste dei cittadini. Meno duro il Global Times, l’edizione inglese, che chiede di “prendere sul serio le richieste della popolazione”.
La questione di Wukan si è guadagnata l’attenzione anche di Pechino. Il presidente Hu Jintao avrebbe chiesto almeno due volte come si stava evolvendo la situazione e diversi leader provinciali sono intervenuti per biasimare i colleghi. Il governo cinese teme moltissimo le proteste sociali, che si stanno moltiplicando di anno in anno: nell’anno solare 2010, secondo alcune stime, hanno superato le 180mila unità.
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22/06/2016 11:07
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