West Bank: i controlli israeliani, "punizione collettiva" contro i palestinesi
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – Israele mantiene attivi decine di chekpoint, oggi inutili, e applica numerose restrizioni agli spostamenti nella West Bank, con gravi ripercussioni sulla vita quotidiana dei palestinesi, tanto che si può parlare di “punizione collettiva”. La denuncia è contenuta in un rapporto pubblicato oggi da B’Tselem, gruppo per i diritti umani con sede a Gerusalemme.
Il documento riconosce il diritto di Israele a proteggere i suoi cittadini dagli attacchi dei miliziani palestinesi, ma definisce eccessive e “superiori ai bisogni reali” molte delle misure ancora imposte, come i 47 posti di blocco. “Mentre in origine alcune limitazioni ai movimenti sono state introdotte in risposta a specifiche minacce alla sicurezza – si legge nel documento – oggi queste servono ad altri scopi: come ad esempio la creazione per i coloni e viaggiatori israeliani di una rete di strade rapida, conveniente e per lo più ‘sgombra’ da palestinesi”.
B’Tselem spiega che i checkpoint, la chiusura permanente di molte strade ed il divieto ad alcuni veicoli di accedere alle principali vie di comunicazione nella zona, impediscono ai palestinesi di raggiungere il posto di lavoro o le strutture medico-santarie. Le restrizioni, inoltre, sono un ostacolo al tentativo del presidente palestinese Mahmoud Abbas di mantenere l’ordine nella West Bank dopo la perdita della Striscia di Gaza, in mano ad Hamas.
Il gruppo per i diritti umani avverte poi che le limitazioni israeliane “disgiungono famiglie e spezzano il tessuto sciale”. La conclusione dello studio è che le restrizioni in vigore in Cisgiordania siano “a tutti gli effetti una punizione collettiva”.