Wen Jiabao promette riforme nella scuola per frenare la crisi economica
Pechino (AsiaNews) – Il premier Wen Jiabao ha lanciato la proposta di una riforma del settore dell’educazione per migliorare le scuole rurali, quelle professionali e i salari degli insegnanti, per prepararsi ai problemi che la crisi finanziaria globale sta creando. Il piano dovrebbe estendersi dal 2009 al 2020 e dovrebbe garantire un uguale accesso per ricchi e poveri a 9 anni di scuola dell’obbligo, sviluppare le strutture scolastiche anche nelle aeree rurali e garantire l’educazione ai figli dei migranti.
L’idea è contenuta in un discorso pronunciato da Wen lo scorso agosto al Consiglio di Stato, ma pubblicato solo oggi sul Quotidiano del popolo.
“L’educazione – ha detto Wen – prenderà una posizione importante mentre cerchiamo di mitigare l’impatto della crisi finanziaria globale sulla nostra economia… L’educazione è divenuta la pietra angolare del nostro sviluppo nazionale”.
Esponendo la sua visione, Wen ha tracciato 8 aeree in cui è necessaria la riforma:
- uguaglianza nell’offerta della scuola dell’obbligo;
- qualità dell’educazione rurale;
- promozione delle scuole professionali;
- eccellenza nell’educazione terziaria;
- responsabilizzare gli studenti nell’auto-educazione;
- educatori (non la burocrazia) quali responsabili delle scuole;
- avere insegnanti ben preparati;
- uso effettivo delle risorse assegnate
La riforma dell’educazione è attesa da tanto tempo, ma al di là delle parole finora si è fatto molto poco. Fra i problemi più cocenti vi è anzitutto la struttura dell’insegnamento, basata sul nozionismo, più che sul ragionamento. Vi è poi la grave mancanza di insegnanti nel mondo contadino, penalizzati dai salari bassi; la carenza di strutture e, dove esistono, la loro obsolescenza. Basti ricordare lo scandalo delle scuole nel Sichuan, dove sono crollati tutti gli edifici nella zona del terremoto, a causa di difetti di costruzione. Un altro problema è la povertà delle famiglie contadine, che preferiscono mandare a lavorare i figli in città, piuttosto che dare loro un’istruzione. Secondo fonti di AsiaNews almeno l’80% dei figli dei contadini lascia la scuola dopo il primo o il secondo anno.
La crisi finanziaria globale acuisce questi problemi e ne produce altri: ormai molti laureati – dopo aver passato pesanti esami e speso forti somme per lo studio - rischiano di non trovare lavoro in un’industria sempre più colpita dalla recessione.
Un altro problema che si percepisce da tempo è la carenza di operai specializzati per le industrie del Guangdong e nel bacino di Shanghai. Le scuole professionali dovrebbero rispondere a questa esigenza, cercando di riqualificare milioni di lavoratori migranti che, a causa della crisi, stanno ritornando ai loro villaggi dove il reddito medio annuo è di circa 2000-2500 yuan (circa 200-250 euro).
Il problema più grave rimane l’indecisione della leadership a garantire fondi per l’educazione.
Dal 1995 la Cina ha varato una legge che garantisce al settore dell’educazione almeno il 4% del Prodotto interno lordo (altri Paesi, anche meno ricchi della Cina, stabiliscono fino al 6%). Finora però il budget annuale dello Stato ha sempre devoluto all’educazione solo cifre inferiori. Nel 2007 Pechino ha stanziato per la scuola solo il 3,3% del Pil.