26/01/2011, 00.00
CINA
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Wen Jiabao incontra gli autori di petizioni e invita le autorità a rispettarli

Le autorità cinesi, specie locali, in genere hanno tolleranza zero verso chi protesta tramite petizioni: minacciati, percossi, detenuti senza processo. Ora Wen invita le autorità a essere disponibili e pazienti. Esperti: il premier vuole alleviare le tensioni sociali, ma per farlo occorrono fatti concreti.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il premier Wen Jiabao ha incontrato gli autori di petizioni venuti da Tianjin, Jilin, Shandong, Mongolia Interna, Hubei, Hebei, Shanxi e Jangsu. Nell'incontro, avvenuto il 24 gennaio, egli ha ascoltato le loro doglianze e ha promesso di intervenire.

Wen ha chiesto ai postulanti di manifestare con sincerità la loro “opinione sull’operato del governo. Vi invito a non tenervi nulla dentro e a raccontarmi i fatti”.

Molte proteste riguardavano espropri forzati di terreni. Wen ha assicurato che “il Consiglio di Stato sta studiando una legge e regole [per proteggere i diritti dei residenti rurali dagli espropri iniqui]”. “La terra è vitale per i contadini”. Il premier ha anche sollecitato le autorità ad ascoltare chi fa petizioni e ad affrontare i loro problemi, ripetendo che “il nostro governo è il governo del popolo e il nostro potere viene dal popolo”.

La statale China Central Television ha trasmesso l’incontro, riportato con enfasi dai media, sottolineando che è il primo incontro di un premier con i petizionieri dalla fondazione della Repubblica del Popolo nel 1949. Rivolgere petizioni alle autorità centrali, contro ingiustizie locali, è una vecchia e radicata usanza cinese, che deriva dal diritto del cittadino di chiedere giustizia al potere imperiale. Tuttavia la Cina comunista si è mostrata poco tollerante con gli autori di petizioni, spesso minacciati, percossi e arrestati dalla polizia su ordine di autorità locali, e persino rinchiusi nelle cosiddette prigioni “fantasma”, carceri non riconosciuti in modo ufficiale, dove i “disturbatori” sono talvolta rinchiusi anche per mesi senza processo e senza diritti.

Esperti hanno interpretato il gesto di Wen come un tentativo e un esempio ad alleggerire le tensioni sociali, dando ascolto a chi protesta e affrontando i problemi locali, invece di cercare di nasconderli come spesso fanno molte autorità.

Il professor Zhu Lijia dell’Accademia cinese della governabilità ha commentato che la visita di Wen dimostra la gravità del discontento sociale contro il diffuso malgoverno locale, come anche dimostrato dal “numero crescente delle proteste di massa e dalle maggiori proteste contro il governo”. Secondo dati del 2008, nel Paese ci sono oltre 87mila proteste all’anno per motivi economici. Nel 2005 le petizioni sono state quasi 13 milioni. Le autorità affermano che da allora sono diminuite.

L’analista politico Hu Xingdou ha pure plaudito l’iniziativa ma ha detto al quotidiano Souht China Morning Post che non bastano gesti di disponibilità a risolvere il problema, “in larga parte dovuto all’assenza di uno Stato di diritto”. Fino a che non ci saranno cambiamenti radicali, “non vedremo mutamenti nel destino dei petizionieri”.

E’ critico Wu Wei, che ha iniziato a fare petizioni dopo che nel 2007 è stato cacciato dalla sua casa del distretto Haidian a Pechino. Wu dubita persino che le persone incontrate da Wen fossero veri petizionieri e ritiene che comunque si tratti di un atto di propaganda, “che non aiuterà in alcun modo ad alleviare le nostre sofferenze”.

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