Washington, Bruxelles e Tokyo contro Pechino: è guerra per le "terre rare"
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Continua senza esclusione di colpi la guerra economica internazionale per lo sfruttamento delle "terre rare". Stati Uniti, Unione Europea e Giappone si sono infatti uniti per la prima volta e hanno presentato insieme una denuncia all'Organizzazione mondiale del Commercio contro la Cina, ritenuta colpevole di falsare il mercato relativo ai minerali.
L'operazione è capitanata da Washington. Il presidente americano Barack Obama ha presentato alla Casa Bianca il documento congiunto, che accusa Pechino di violare le regole sul commercio internazionale grazie a limiti artificiali alle esportazioni. Le "terre rare" sono un gruppo di 17 minerali indispensabili per la creazione di dispositivi elettronici: il 95 % viene prodotto su territorio cinese.
Il mercato vale centinaia di miliardi di euro. Con le "terre rare" si producono infatti computer, schermi video, telefonini, apparecchi fotografici, fibre ottiche, marmitte catalitiche e tutto ciò che richiede hardware di standard elevati. Secondo l'accusa, le politiche cinesi stanno penalizzando in maniera voluta le aziende non nazionali impegnate nel settore.
"Lavoreremo tutti i giorni - ha detto Obama - per fare in modo che i lavoratori e le imprese americane abbiano le giuste opportunità nell'economia globale". "Le restrizioni applicate dalla Cina all'export di 'terre rare' e altri materiali - ha aggiunto il Commissario europeo al commercio Karel De Gucht - violano le regole sul commercio internazionale e devono essere rimosse".
Le misure cinesi hanno finora portato i prezzi dei minerali destinati all'export a essere il doppio, e in alcuni casi anche il triplo o il quadruplo, rispetto a quelli utilizzati dalle imprese operanti in Cina. Una politica che ovviamente favorisce anche il fenomeno della delocalizzazione di attività produttive dall'Occidente verso la Cina.
Per il 2012 le quote destinate all'export sono state ancora ridotte: 30mila tonnellate contro una domanda stimata in 50-60mila tonnellate. E questo a fronte di una situazione di quasi monopolio da parte della Cina, che detiene il 35 % delle riserve sfruttabili di "terre rare" ma controlla il 97% del mercato mondiale.
Pechino finora si è difesa giustificando la sua politica con la "volontà di salvaguardare l'ambiente da uno sfruttamento eccessivo". Una difesa curiosa, considerando che la Cina non intende limitare l'emissione di gas nocivi e porta avanti una politica di deforestazioni fra le più aggressive al mondo. Ora le parti hanno 60 giorni per trovare una soluzione "amichevole". Altrimenti sul caso dovrà pronunciarsi direttamente l'Omc, che potrebbe arrivare anche a imporre sanzioni contro Pechino.