03/10/2024, 12.10
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Wai jia nü: la battaglia delle donne delle campagne cinesi per i loro diritti

di Silvia Torriti

Nei villaggi ancora dominati dai capifamiglia, le donne che sposano un "forestiero" perdono l'accesso ai servizi locali e gli indennizzi per i terreni collettivi espropriati. Con l’aumento del livello di istruzione e le maggiori connessioni sociali crescono i casi in cui alcune di loro portano questo genere di controversie in tribunale. Ma la strada da percorrere per la loro tutela rimane in salita. 

Milano (AsiaNews) - In occasione del Forum sulle donne dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), tenutosi qualche settimana fa a Qingdao, il presidente cinese Xi Jinping ha definito le donne “importanti promotrici della civiltà umana e del progresso sociale”, elogiandole per “i notevoli risultati raggiunti in tutti i settori della vita”.

Nella realtà, tuttavia, “l’altra metà del cielo” fa tutt’oggi fatica a far valere i propri diritti, essendo la disparità di genere un problema ancora molto radicato nella società cinese.

A subire questa condizione svantaggiata sono soprattutto le donne che vivono nelle zone rurali del Paese, tra cui le cosiddette wai jia nü. Con questa espressione si fa riferimento a coloro che, avendo sposato un forestiero, perdono tutti i diritti derivanti dall’appartenenza al proprio villaggio nativo, come partecipare alle elezioni locali, beneficiare dei servizi di welfare, ottenere dei contratti di locazione per gli appezzamenti, ricevere gli indennizzi per i terreni collettivi espropriati o requisiti. La situazione delle wai jia nü è tanto più grave se si considera che tali restrizioni si estendono anche sui figli, ai quali è addirittura negato l’accesso alle scuole locali.

In certi casi, le giovani legate a un partner “esterno” alla propria comunità rurale preferiscono restare nubili, piuttosto che incorrere in drammatiche conseguenze ed essere bistrattate come “acqua gettata via” (po chu qu de shui), per citare un vecchio detto con cui sono in genere apostrofate le wai jia nü. Un trattamento del tutto diverso è invece riservato agli uomini, i quali sono liberi di sposare chi vogliono, senza rischiare di perdere i propri privilegi.

Ciò non dovrebbe sorprendere, visto che a perpetuare queste antiche consuetudini sono gli organi decisionali dei villaggi, teoricamente aperti a tutti gli adulti della comunità rurale, ma di fatto dominate dai capifamiglia. Benché nel 2010 sia stato compiuto un tentativo per incrementare la presenza femminile al loro interno, attraverso un emendamento alla 
Legge organica dei comitati di villaggio (Cunmin weiyuanhui zuzhifa), nella realtà l’influenza delle donne resta limitata.

Fortunatamente però, una silenziosa resistenza al femminile sta prendendo forma nelle campagne cinesi. Come si legge in un reportage recentemente pubblicato su The New York Times, sono sempre più le wai jia nü che decidono di ricorrere alle vie legali per rivendicare i propri diritti. Secondo i dati ufficiali, il numero di casi giudiziari che le riguarda è balzato da 450 nel 2013 a 5000 nel 2019, complici anche l’aumento del livello di istruzione e le maggiori opportunità di stabilire delle connessioni sociali.   

La strada da percorrere, tuttavia, è ancora tutta in salita, tra i tribunali che spesso si rifiutano di occuparsi di questo genere di controversie e le autorità locali che rinunciano ad applicare eventuali sentenze favorevoli per timore di disordini sociali. Lin Lixia, avvocata presso lo studio legale Qianqian di Pechino, afferma che circa il 90 per cento delle cause legali da lei presentate non ha avuto successo.

Nel 2023, il settimanale The Economist ha raccontato il caso della signora Su, una querelante del Fujian, che nonostante la vittoria in tribunale, non ha è mai stata risarcita per i danni economici subiti. Come se non bastasse, i concittadini hanno iniziato a emarginarla e un quadro locale del Partito l’ha perfino offesa dandole della ladra e sminuendo il valore del successo giudiziario da lei ottenuto.

The New York Times riporta invece la storia di Ma, esclusa dalla propria comunità nel Guangdong dopo il matrimonio con un forestiero nel 1997. Sebbene sia tornata ad abitare presso il luogo dove è nata a seguito del divorzio dal marito, la sua situazione non è cambiata: le autorità locali continuano a rifiutarsi di accogliere le sue richieste, mentre i compaesani e i familiari la accusano di pretendere ciò che non le appartiene. Altre protagoniste di simili vicende dichiarano di essere state molestate, picchiate o arrestate per aver tentato di perseguire i propri interessi.

A prescindere dai risultati ottenuti nel percorso verso il riconoscimento dei propri diritti, il coraggio dimostrato dalle wai jia nü nell’aver osato sfidare le imposizioni della cultura patriarcale, retaggio della tradizione confuciana, rappresenta già di per sé un successo. Nonostante gli effetti visibili della modernizzazione, infatti, l’antica concezione che considera la donna un’appendice dell’uomo persiste ancora oggi nella società rurale cinese. Ma è con l’introduzione del sistema di responsabilità familiare (baochan daohu) negli anni ’80 e la conseguente cessione dei diritti di usufrutto delle terre ai membri dei villaggi rurali, che le implicazioni economiche della disuguaglianza di genere si manifestano in modo più evidente.

Alcuni studi dimostrano che in molte regioni della Cina, benché la legge preveda una spartizione equa della terra, ai bambini maschi è garantita una quantità doppia rispetto a quella delle femmine. Inoltre, la consuetudine di registrare i contratti di affitto degli appezzamenti, delle abitazioni, e dei conti deposito a nome dei padri o dei mariti, limita la possibilità delle donne di poter fruire liberamente dei beni di famiglia e di ricavarne così dei profitti. Se poi lo stato civile di quest’ultime cambia, poiché - come nel caso delle wai jia nü ­- sposano un forestiero o divorziano, il contratto di locazione della terra e i vantaggi a esso connessi sono spesso revocati.

Secondo alcuni osservatori, un segnale positivo potrebbe giungere dall’introduzione della nuova Legge sulle organizzazioni economiche collettive rurali (Nongcun jiti jingji zuzhi fa). Approvata il 28 giugno 2024 entrerà in vigore dal 1° maggio 2025: mira a rafforzare lo sviluppo economico delle campagne cinesi, a migliorare il benessere dei suoi abitanti e a salvaguardarne i diritti.

In particolare, l'articolo 12 rimuove una serie di condizioni che in precedenza dovevano essere soddisfatte per valutare l'appartenenza alle comunità rurali, assicurando che tutte le donne, a prescindere dal proprio stato civile, ne fanno legalmente parte e hanno diritto a godere dei benefici che ciò comporta. Ma dal momento che a conferire in via definitiva l’adesione restano gli organi di villaggio, in molti sono scettici sulla reale efficacia della nuova legge: le wai jia nü costituiscono pur sempre una minoranza e difficilmente le autorità locali e i tribunali saranno disposti a mettere a repentaglio la stabilità sociale dei villaggi per proteggere i diritti di questa ristretta categoria.

 

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