Vivere sugli alberi e nelle grotte, così i palestinesi combattono la morsa di Israele
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - La stretta israeliana sui Territori occupati spinge i palestinesi a costruire le proprie case anche sugli alberi e nelle grotte. Mentre la politica degli insediamenti avanza incoraggiata da Tel Aviv, fonti locali riferiscono che per gli arabi è impossibile ottenere i permessi. "Vogliamo costruire ma le autorità ce lo vietano - spiega un giovane imprenditore di Betlemme - se non possiamo farlo sul nostro terreno lo faremo sugli alberi".
È così che Mazen Saadeh, proprietario di una piccola azienda agricola a Beit Jala, è riuscito ad aggirare le imposizioni delle autorità israeliane senza vedere distrutto il proprio lavoro. "Di solito - racconta - se alziamo di un centimetro la nostra casa Israele arriva e distrugge tutto l'edificio; è difficile andare avanti così". Grazie a questo espediente, invece, la cooperativa Hosh Jasmin ha avuto la possibilità di espandersi e diventare un modello imprenditoriale nel contesto di un'area pressata dalla presenza militare israeliana. Le stanze sugli alberi sono affittate a turisti stranieri e palestinesi, i quali possono usufruire di un ristorante e comprare i prodotti biologici dell'azienda. "È uno splendido modo di resistere - spiega Saadeh - così si può riportare la vita all'interno dell'area C".
Nel 1967, quando al termine della Guerra dei sei giorni Gerusalemme est fu occupata dalle truppe israeliane, iniziò un massiccio processo di colonizzazione che coinvolse migliaia di israeliani. A oltre 40 anni di distanza, la popolazione israeliana di Gerusalemme est sfiora le 200mila unità. L'area C, la più popolosa delle tre sezioni territoriali in cui è suddivisa la Cisgiordania, comprende la metà orientale della Città Santa e ospita oltre 400mila palestinesi.
Nell'arco degli ultimi 10 anni, Israele ha demolito 448 abitazioni arabe lasciando senza casa circa 1800 persone. Dall'inizio del 2013 sono almeno 30 le case distrutte nella periferia orientale di Gerusalemme, ma sebbene gli espropri e le demolizioni forzate proseguano con regolarità, i palestinesi dell'area C si rifiutano di abbandonare il territorio. "Rimaniamo qui e portiamo pazienza - racconta Khalid Zir, padre di 5 figli e costretto a vivere in una grotta - a costo di patire il sole, la pioggia o la neve, resteremo qui".