Visita del premier malaysiano al papa: varate le relazioni diplomatiche
di Bernardo Cervellera
Insieme al premier Razak, sua moglie, rappresentanti musulmani e l’arcivescovo di Kuala Lumpur. Sottolineata l’importanza del dialogo interculturale e interreligioso. Nella Malaysia, a maggioranza musulmana, vi sono ingiustizie verso le etnie indiana e cinese e verso cristiani e indù. La polemica sull’uso della parola Allah. La questione dei diritti umani e delle elezioni “pulite” dopo la manifestazione del Bersih 2, in cui il governo ha arrestato 1600 persone.
Castel Gandolfo (AsiaNews) – Benedetto XVI ha incontrato oggi Najib Razak, primo ministro della Malaysia, in visita in Italia (v.foto). Al termine, è stata comunicata la decisione di “stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede”.
Al seguito del premier Razak, oltre alla sua signora, era presente il ministro dell’agricoltura Bernard Giluk Dompok, un cattolico, due rappresentanti religiosi musulmani, l’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam. Il premier ha avuto 25 minuti di incontro personale con il pontefice, alla presenza dell’interprete.
Il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, parla di “cordiali colloqui” in cui “sono stati evocati i positivi sviluppi nei rapporti bilaterali e si è concordato di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede. Inoltre, si è passato in rassegna la situazione politica e sociale nel mondo e nel Continente asiatico, con particolare riferimento all’importanza del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace, della giustizia e della maggiore comprensione tra i popoli”.
In effetti i rapporti fra musulmani e cristiani e le questioni legate alla giustizia sono fra i probleimi che caratterizzano oggi la Malaysia, un Paese multietnico con una popolazione di oltre 28 milioni, in cui i musulmani sono la grande maggioranza (60%), mentre i cristiani sono il 9% e i cattolici il 3,17%.
In passato il delegato apostolico per la Malaysia, mons. Luigi Bressan, oggi arcivescovo di Trento, aveva molto lavorato per lo stabilirsi dei rapporti diplomatici, ma senza successo. Oggi è lo stesso premier Najib a spingere per vararle.
La visita avviene proprio mentre lo stesso governo è impegnato in braccio di ferro con le comunità cristiane del Paese sull’uso del termine “Allah” nei libri religiosi e nei giornali. Mentre la Corte suprema ha dato il benestare per il suo uso, il governo ha fatto ricorso contro la diocesi di Kuala Lumpur, e ne permette l’uso solo se si specifica su libri e giornali che essi sono solo ad uso “per i cristiani”.
Più che per timore di proselitismo, la mossa sembra essere dettata da preoccupazioni a non voler scontentare la popolazione musulmana, sostenitrice della coalizione al governo, il Barisan Nasional. In seguito all’indurimento del governo sulla questione “Allah”, lo scorso anno alcune chiese sono state attaccate e bruciate (08/01/2010 Malaysia: attaccate quattro chiese cristiane, nella diatriba sull'uso di "Allah").
Altri problemi sofferti dai cristiani sono dovuti alla doppia legislazione. Da una parte vi è la Costituzione e alcune leggi generali, che garantiscono la libertà di religione e di credo; dall’altra nelle varie province della federazione sono in atto tribunali islamici che discriminano contro cristiani, indù e animisti, privilegiando sempre la parte islamica nelle questioni di eredità, dell’educazione dei figli e nei casi di cambio di religione (v. 22/09/2005 Vescovi della Malaysia preoccupati: il cappio della Sharia anche sui non musulmani).
Vi sono poi problemi legati ai privilegi di cui gode l’etnia malay (53%), musulmana, a scapito di cinesi (26%) e indiani (7,7%), di solito di religione cristiana, indù e buddista, tanto che molti di questi ultimi, nelle scorse elezioni del 2008, hanno abbandonato la coalizione di governo, facendo assottigliare la maggioranza, passata da due terzi al 63,1%.
A tutt’oggi, il governo si trova ad affrontare pesanti critiche di corruzione e di manipolazione delle elezioni e la sua maggioranza elettorale rischia di restringersi ancora di più. Lo scorso 9 luglio diverse ong, raccolte nel gruppo Bersih 2, hanno manifestato in oltre 70 mila nella capitale e in altre parti del Paese (12/07/2011 Edmund Bon: Bersi 2 non è la primavera araba, ma vogliamo elezioni giuste e pulite).
Secondo fonti di AsiaNews nel Paese, “il governo cerca ora il rapporto col Vaticano per migliorare la sua immagine” all’estero e all’interno, “proprio ora che questa immagine è al suo livello più basso per le violazioni ai diritti umani”.
Lo scorso 9 luglio, per fermare la manifestazione di Bersih 2, la polizia ha arrestato 1600 persone.
Nonostante tutto, personalità cattoliche in Malaysia, apprezzano il passo delle relazioni diplomatiche perchè permette un canale stabile di dialogo fra il governo e qualcuno alla pari. Ramon Navaratnam, dell'Interfaith Council, citato dalla BBC, afferma: "Ora ci sarà qualcuno che potrà dire quello che è giusto o sbagliato, quello che va bene o non va bene nella libertà religiosa o nella carenza di essa".
Finora il delegato apostolico della Malaysia è stato il nunzio di Singapore, mons. Leopoldo Girelli.
Foto: CPP
Al seguito del premier Razak, oltre alla sua signora, era presente il ministro dell’agricoltura Bernard Giluk Dompok, un cattolico, due rappresentanti religiosi musulmani, l’arcivescovo di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam. Il premier ha avuto 25 minuti di incontro personale con il pontefice, alla presenza dell’interprete.
Il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, parla di “cordiali colloqui” in cui “sono stati evocati i positivi sviluppi nei rapporti bilaterali e si è concordato di stabilire le relazioni diplomatiche tra la Malaysia e la Santa Sede. Inoltre, si è passato in rassegna la situazione politica e sociale nel mondo e nel Continente asiatico, con particolare riferimento all’importanza del dialogo interculturale e interreligioso per la promozione della pace, della giustizia e della maggiore comprensione tra i popoli”.
In effetti i rapporti fra musulmani e cristiani e le questioni legate alla giustizia sono fra i probleimi che caratterizzano oggi la Malaysia, un Paese multietnico con una popolazione di oltre 28 milioni, in cui i musulmani sono la grande maggioranza (60%), mentre i cristiani sono il 9% e i cattolici il 3,17%.
In passato il delegato apostolico per la Malaysia, mons. Luigi Bressan, oggi arcivescovo di Trento, aveva molto lavorato per lo stabilirsi dei rapporti diplomatici, ma senza successo. Oggi è lo stesso premier Najib a spingere per vararle.
La visita avviene proprio mentre lo stesso governo è impegnato in braccio di ferro con le comunità cristiane del Paese sull’uso del termine “Allah” nei libri religiosi e nei giornali. Mentre la Corte suprema ha dato il benestare per il suo uso, il governo ha fatto ricorso contro la diocesi di Kuala Lumpur, e ne permette l’uso solo se si specifica su libri e giornali che essi sono solo ad uso “per i cristiani”.
Più che per timore di proselitismo, la mossa sembra essere dettata da preoccupazioni a non voler scontentare la popolazione musulmana, sostenitrice della coalizione al governo, il Barisan Nasional. In seguito all’indurimento del governo sulla questione “Allah”, lo scorso anno alcune chiese sono state attaccate e bruciate (08/01/2010 Malaysia: attaccate quattro chiese cristiane, nella diatriba sull'uso di "Allah").
Altri problemi sofferti dai cristiani sono dovuti alla doppia legislazione. Da una parte vi è la Costituzione e alcune leggi generali, che garantiscono la libertà di religione e di credo; dall’altra nelle varie province della federazione sono in atto tribunali islamici che discriminano contro cristiani, indù e animisti, privilegiando sempre la parte islamica nelle questioni di eredità, dell’educazione dei figli e nei casi di cambio di religione (v. 22/09/2005 Vescovi della Malaysia preoccupati: il cappio della Sharia anche sui non musulmani).
Vi sono poi problemi legati ai privilegi di cui gode l’etnia malay (53%), musulmana, a scapito di cinesi (26%) e indiani (7,7%), di solito di religione cristiana, indù e buddista, tanto che molti di questi ultimi, nelle scorse elezioni del 2008, hanno abbandonato la coalizione di governo, facendo assottigliare la maggioranza, passata da due terzi al 63,1%.
A tutt’oggi, il governo si trova ad affrontare pesanti critiche di corruzione e di manipolazione delle elezioni e la sua maggioranza elettorale rischia di restringersi ancora di più. Lo scorso 9 luglio diverse ong, raccolte nel gruppo Bersih 2, hanno manifestato in oltre 70 mila nella capitale e in altre parti del Paese (12/07/2011 Edmund Bon: Bersi 2 non è la primavera araba, ma vogliamo elezioni giuste e pulite).
Secondo fonti di AsiaNews nel Paese, “il governo cerca ora il rapporto col Vaticano per migliorare la sua immagine” all’estero e all’interno, “proprio ora che questa immagine è al suo livello più basso per le violazioni ai diritti umani”.
Lo scorso 9 luglio, per fermare la manifestazione di Bersih 2, la polizia ha arrestato 1600 persone.
Nonostante tutto, personalità cattoliche in Malaysia, apprezzano il passo delle relazioni diplomatiche perchè permette un canale stabile di dialogo fra il governo e qualcuno alla pari. Ramon Navaratnam, dell'Interfaith Council, citato dalla BBC, afferma: "Ora ci sarà qualcuno che potrà dire quello che è giusto o sbagliato, quello che va bene o non va bene nella libertà religiosa o nella carenza di essa".
Finora il delegato apostolico della Malaysia è stato il nunzio di Singapore, mons. Leopoldo Girelli.
Foto: CPP
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