27/06/2023, 08.47
KAZAKISTAN
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Villaggi kazachi sepolti nella sabbia

di Vladimir Rozanskij

In una ventina di località nella regione di Aktjubinsk le dune ricoprono persino i pali della luce. Molti se ne sono andati, ma c'è anche chi non intende abbandonare le proprie case e passano la giornata a ruipulire le parti essenziali. Tra fine aprile e a novembre in questa zona le tempeste di sabbia sono usuali, ma quest’anno sono particolarmente invasive e nessuna protezione sembra sufficiente.

Astana (AsiaNews) - Nella regione di Aktjubinsk in Kazakistan circa 20 villaggi, come quello di Žyltyr, le abitazioni e tutti gli edifici sono stati sepolti dalla sabbia delle dune, che ricoprono perfino i pali della luce e inghiottiscono tutto, impedendo alle persone di uscire di casa e creando pericoli di finire nei vortici, tanto che gli abitanti si sono rivolti alle autorità locali per chiedere aiuto.

A Žyltyr la popolazione, che raduna un centinaio di famiglie, vive soprattutto di allevamento e pastorizia, e ora non possono neppure coltivare l’orto per le folate sabbiose dell’estate, resa particolarmente arida dalla siccità dei mesi scorsi. A sud-est del villaggio ci sono alcuni campi di grano saraceno e altre erbe selvatiche, delimitati da filo spinato per distinguere i proprietari, come Ramazan e Uays, che hanno raccontato le loro vicissitudini a Radio Azattyk.

Sono loro due ad aver fatto giungere appelli all’amministrazione regionale, raccolto i fondi tra gli abitanti per sistemare alcune protezioni sui campi, cercando di trovare i settori dove ancora si riesce a coltivare qualcosa. Gli arbusti che a fatica riescono a crescere, e ai quali gli animali non riescono ad avere accesso, potrebbero costituire una minima difesa dall’avanzare delle sabbie mobili. Tutta la vita del villaggio cerca di organizzarsi dalla parte dove non soffia il vento, che viene per lo più da sud-est.

Molti se ne sono andati, ma ci sono quelli che non intendono abbandonare le proprie case, come Ermekbaj Akhetov, che vive all’estremo della parte meridionale con il figlio più piccolo. La sabbia scavalca anche le protezioni, e invade continuamente il suo campo, soffocando anche il pozzo della canalizzazione. Guardando le dune di sabbia accumulate intorno a casa, Ermekbaj le chiama scherzosamente “la nostra Dubai”.

Da lontano sono ormai visibili soltanto i tetti delle case, e non è facile camminare sulle sabbie instabili, per chi non è abituato. Le scarpe non servono, perché si riempiono subito di sabbia, e bisogna camminare soltanto scalzi sulla sabbia rovente, cercando di riparare occhi e orecchie dai turbini sabbiosi. Akhetov avverte di “non calpestare la dispensa”, ormai completamente nascosta sotto la sabbia, distinguendo la propria da quella degli altri abitanti, soprattutto dell’aksakal Maman, l’anziano capo del villaggio che ha visto sprofondare anche la stalla, il garage e la casetta estiva.

La giornata passa attraverso la lunga ripulitura dalla sabbia delle parti più necessarie delle strutture, portandola via con secchi e carriole, almeno per riuscire a entrare e andare fuori di casa. Si chiamano in aiuto i familiari e gli altri vicini, quando non si riesce a cavarsela da soli, come racconta un’altra abitante di Žyltyr, Ženis Mysyrova, per cui “in pratica non facciamo altro che portare via la sabbia, è il nostro unico lavoro”.

Le tempeste di sabbia da queste parti sono abbastanza usuali, cominciano a fine aprile e vanno avanti fino a novembre, ma quest’anno sono particolarmente invasive, e nessuno steccato o protezione sembra sufficiente a difendere le persone e gli animali. La gente è stanca di parlare e lamentarsi solo per questo, visto anche che pochi gli danno ascolto. “Noi abbiamo un detto: Ayta Ayta altajdy, Žamal apaj kartajdy” [Žamal-apaj è diventata vecchia, raccontando sempre dell’Altaj], un modo per dire che non si possono ripetere sempre le stesse storie, come spiega Ženis. Con grandi sforzi, la sua famiglia è riuscita a scavare un pozzo in mezzo a una cinta difensiva, che pare resistere almeno un poco alla sabbia.

Attorno al pozzo, con una colletta tra tutti gli abitanti, si è riusciti a piantare circa 200 alberelli di erbe necessarie alla sopravvivenza, e tutti pregano che gli arbusti riescano ad attecchire. Per evitare di sprecare acqua, sotto ogni fusto sono state sistemate delle bottiglie di plastica bucate nel fondo con dei chiodi, sistemate sopra le radici, di modo che neanche una goccia vada perduta nella terra arida.

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