Vietnam, condannato un funzionario per l’esproprio alla “famiglia coraggio”
Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale vietnamita ha condannato a 30 mesi di prigione un funzionario governativo, per aver ordinato l'esproprio contro Peter Doan Van Vuon, leader della "famiglia coraggio", simbolo della lotta contro le confische forzate e per questo finito agli arresti. Al contempo, i giudici hanno inflitto una pena (sospesa) ad altre quattro persone, per aver partecipato a vario titolo all'azione di forza imposta dalle autorità di Tien Lang - distretto di Hai Phong, città portuale nel nord-est del Vietnam - contro i Vuon. La sentenza emessa contro funzionari governativi, sebbene locali, e per di più per aver violato i diritti dei cittadini, è un fatto raro nel Paese. Tuttavia, la moglie del leader della "famiglia coraggio" si dice "insoddisfatta" dalla "mitezza" delle pene e annuncia ricorso.
Peter Doan Van Vuon, 50enne ex soldato, è diventato un'icona nella lotta per i diritti della popolazione, fra cui quello alla proprietà, in Vietnam. Egli ha ricevuto anche il sostegno dei vescovi, che hanno promosso una campagna di sensibilizzazione sul suo caso. Nei giorni scorsi è stato condannato a cinque anni di carcere con l'accusa di tentato omicidio. Al momento dell'esproprio, egli ha aperto il fuoco contro gli agenti chiamati ad applicare l'ordine delle autorità, ferendo sette persone. A nulla è valsa, in tribunale, l'eccezione sollevata dagli avvocati della difesa di una reazione per legittima difesa.
Il 10 aprile è arrivata anche la condanna di Nguyen Van Khanh, vice-presidente del distretto di Tien Lang, che dovrà scontare 30 mesi di prigione per distruzione di proprietà. Tuttavia, secondo alcuni egli è solo il capro espiatorio finito sul banco degli imputati, mentre i veri responsabili che hanno orchestrato l'operazione sarebbero altri, i quali sono riusciti a evitare pene detentive. Fra questi vi sarebbero Le Van Hien, ex presidente distrettuale, e Pham Dang Hoan, ex segretario del partito nel villaggio di Vinh Quang. Pur condannandoli ad alcuni mesi di galera, i giudici hanno concesso loro la sospensione della pena.
Ed è proprio la moglie di Vuon, Nguyen Thi Thuong, a parlare di processo farsa e di condanne irrisorie e ingiuste nei confronti dei veri responsabili dell'assalto alle attività di famiglia. Al termine dell'udienza la donna ha assicurato che "faremo ricorso" in appello. Ad acuire il senso di frustrazione vi è anche l'atteggiamento tenuto in aula dai vertici dell'amministrazione alla sbarra, sicuri di un esito favorevole del dibattimento. Due degli imputati "ridevano", raccontano i testimoni, e dichiaravano senza timore di "aver corrotto le autorità preposte al giudicare la vicenda".