Vescovo pakistano: è vitale l’indipendenza di giudici e media
Islamabad (AsiaNews) – “Siamo preoccupati e condanniamo la crisi giudiziale del Paese e l’ingiusto trattamento del capo della Giustizia pakistana Iftikhar Muhammad Chaudhry. Confidiamo che ci sia una piena libertà dei media”. E’ l’auspicio di mons. Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale pakistana.
Mons. Saldanha dice ad AsiaNews che “il [potere] giudiziario è una componente molto importante di uno Stato democratico e deve essere indipendente per garantire una vera giustizia nei tribunali”.
Il 9 marzo il presidente pakistano Pervez Musharraf ha accusato di abuso d’ufficio Chaudhry, capo della Corte Suprema, lo ha convocato e trattenuto per ore e lo ha sospeso dal suo ufficio, nominandone il sostituto. Osservatori internazionali e ong per la tutela dei diritti ritengono illegali le modalità di rimozione del giudice, poiché questo potere non spetta all’Esecutivo ma solo al Supremo Consiglio Giudiziario. In tutto il Paese sono divampate le proteste, anche per le modalità autoritarie della sospensione, senza che siano chiare le accuse e senza consentire al giudice una difesa.
Mons. Saldanha condanna ogni forma di “pressione indebita, interferenza e intimidazione delle istituzioni, perché non sono metodi corretti per garantire l’indipendenza del settore giudiziario e dei media, vitale in una democrazia sana. Occorre riaffermare la libertà del settore giudiziario”.
L’ufficio di giudice capo è stato assunto dal giudice Javed Iqbal, che è il più anziano componente della Corte Suprema in assenza del giudice Rana Bhagwandas in viaggio in India. Mons. Saldanha ritiene che all’ufficio debba però essere nominato Rana Bhagwandas, appena farà ritorno, come prevede la legge. Il giudice è tornato ieri nel Paese e si prevede che domani riceverà la nomina. Bhagwandas è indù e sarà il secondo non islamico a ricoprire l’ufficio (dopo il cristiano giudice Cornelius dal 1960 al 1968).
La nomina è contestata da ambienti islamici. Il senatore Maulana Samiul Hag ha detto ieri che la legge islamica non permette che un non musulmano presieda la Corte suprema in uno Stato islamico, anche perché a lui spetta ogni decisione finale sulla Shariah. Gruppi islamici come “Jamatud Dawa” definiscono la sua nomina “contro l’islam”. Ma gli ex Giudice capo Javed Iqbal e Saeed-uz-Zaman Siddiqui ribattono che la Costituzione non prevede divieti per i non musulmani. Iqbal osserva che il Giudice capo potrebbe delegare ad un giudice anziano le decisioni ultime sulla Shariah.
Dopo la rimozione di Chaudhry, gli ordini forensi hanno tenuto scioperi dalle udienze e manifestazioni di protesta nelle maggiori città, a partire dal 12 marzo e con un giorno di completa protesta il 13 marzo. La polizia ha risposto con la violenza. Il 16 marzo a Islamabad ha devastato l’ufficio di una televisione privata quando ha trasmesso le proteste dei legali durante la comunicazione di una relazione del presidente Musharraf contro Chaudhry.
Nel Paese è diffusa la convinzione che Musharraf agisca per ragioni politiche e per ritorsione contro l’attività giudiziaria di Chaudhry, che in diversi casi importanti ha assunto posizioni contrarie agli interessi del governo. Nel giugno 2006 ha revocato la vendita a un privato straniero della statale Pakistan Steel Mills, leader nell’acciaio, ritenendola viziata da gravi violazioni di legge compiute da autorità pubbliche, compreso il Comitato di gabinetto per la privatizzazione guidato dal premier Shaukat Aziz. Sempre nel 2006 ha costretto la polizia segreta a trovare e rilasciare persone scomparse che la polizia negava di avere in detenzione, come invece denunciato dai loro parenti. Ha pure fermato una serie di iniziative pubbliche e private ritenute pericolose per l’ambiente; ha ordinato la chiusura di centri medici pubblici e privati considerati inadeguati; ha condannato numerose violazioni di diritti umani relative a rapimenti, evasioni, detenzioni, torture e omicidi. Di recente, inoltre, ha manifestato l’opinione che Musharraf non possa restare sia presidente dello Stato che capo delle Forze armate.