Vescovo indiano: Domani la preghiera per la pace dell'India coi Paesi confinanti
Alla vigilia della giornata di preghiera per la pace, mons. Menamparampil ricorda le violenze e la sensazione di impotenza “di fronte a esse”. Dall’Europa all’Asia sono molti i focolai di tensione. E dalla guerra “nessuno esce davvero vincitore”. Ma la preghiera, avverte, ha “un grande potere e può tracciare la direzione degli eventi”. Essere ponte fra India, Cina, Pakistan, Myanmar e Bangladesh.
Delhi (AsiaNews) - La storia delle guerre insegna che “nessuno esce davvero vincitore” da un conflitto e a guadagnare “sono solo i produttori di armi”. Per questo è necessario rinnovare l’appello alla pace e alla preghiera, perché “fomentare tensioni collettive può essere fatale”. È quanto afferma in un appello inviato ad AsiaNews mons. Thomas Menamparampil, amministratore apostolico di Jowai (nel Meghalaya) ed ex arcivescovo di Guwahati (in Assam), alla vigilia della giornata di preghiera per l’India in programma domani, 16 ottobre.
Una iniziativa lanciata dal cardinal Cleemis, presidente della Conferenza episcopale dell’India, e che intende stemperare le tensioni in atto ai confini con il Pakistan e i focolai di violenza presenti in tutta l’Asia. Ai cristiani a tutta la popolazione indiana il compito di essere “ponte” con le altre culture e le nazioni del continente.
Ecco, di seguito, il messaggio di mons. Menamparampil:
Purtroppo l’Anno della misericordia è stato disturbato da troppi casi di violenza in diverse parti del mondo: Parigi, Tolosa, Normandia e pure ai confini dell’India. Qualunque sia la causa di questi terribili e assai dolorosi incidenti, possiamo vedere in modo chiaro che non abbiamo ancora raggiunto la fine della Strada della Violenza. Proviamo una sensazione di impotenza davanti a questo immenso problema. Ma come recitava il salmista, “Perché ero indifeso, il Signore mi ha aiutato”.
Ed è in questo contesto che ritengo ancora più opportuna la scelta del cardinal Cleemis, presidente della Conferenza episcopale dell’India, di indire una giornata di preghiera per domani 16 ottobre, con una speciale intenzione per le tensioni ai confini indiani. Questo rafforza la richiesta fatta dal card Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale asiatica, il 4 ottobre scorso, giorno della festa di san Francesco, in cui ha invocato preghiere per l’India e il Pakistan. Qui abbiamo le voci dell’India e di tutta l’Asia riunite in una.
Il cardinal Cleemis ha voluto mette in relazione il suo appello con alcuni eventi sacri di altre comunità religiose. La pace è di tutti e per tutti, e tutti noi dobbiamo unire le nostre mani per garantire l’armonia e il bene comune.
La storia delle grandi guerre ci insegna che nessuno esce davvero vincitore da un grave conflitto. Al contrario, la perdita è universale. E quelli che soffrono di più sono i più poveri. I leader che usano un linguaggio aggressivo e provocano tensioni per un tornaconto politico, sono fonte di disastri per milioni di persone… per il proprio popolo e per gli altri. I soli a trarne beneficio sono i produttori di armi. La macchia della guerra è cieca, e una volta messa in modo, è dura da controllare. L’ira, una volta innescata, non è facile stemperarla. Fomentare tensioni collettive può essere fatale.
Martha Nussbaum nel suo recente libro “Emozioni politiche” (Harvard 2013) spiega che “l’amore è essenziale per la giustizia”. La sua tesi è che i pensatori politici abbiano elaborato sinora solo “principi politici”, lasciando la gestione delle “emozioni politiche” e l’ira collettiva alla cura dei leader religiosi e di personalità poetiche. In questo senso, assumono una connotazione profetica le chiamate alla preghiera del cardinal Cleemis e del cardinal Gracias.
Sebbene i cristiani formino solo una sparuta minoranza in India, la preghiera ha un grande potere… e può tracciare la direzione del corso degli eventi e al progresso della storia. La chiamata stessa alla preghiera porta pensieri sobri a milioni di persone.
In nord-est dell’India, a differenze di altre parti del Paese, confina con altre nazioni dalla cultura simile: Bhutan, Cina, Myanmar e Bangladesh. Vorremmo essere un ponte fra i popoli di India, Cina, Asia del Sud-est piuttosto che costituire una massa che mantiene le altre nazioni a distanza. Il 16 ottobre la nostra preghiera sarà che l’Asia sia risparmiata da guerre con nazioni confinanti, simili a quelle sperimentate in modo tragico dall’Europa nel secolo scorso.
Quando preghiamo per l’Asia, intendiamo davvero pregare per il mondo.
20/11/2016 11:25
10/08/2016 10:52