Vescovo di Tripoli: Bombe sui civili. Per colpire Gheddafi non possono distruggere un intero popolo
Tripoli (AsiaNews) – “Buttano le bombe come se fossero gioielli. Non c’è nessun criterio, c’è solo la volontà di farla finita”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario apostolico di Tripoli. Il prelato conferma il ferimento di quattro bambini durante i bombardamenti Nato avvenuti nella notte fra lunedì e martedì sulla capitale libica. “Le bombe hanno colpito edifici civili – spiega – alcune sono cadute proprio vicino a un ospedale”.
Nella notte tra il 9 e il 10 maggio, la Nato ha ripreso i bombardamenti sulla capitale libica per stanare Gheddafi e costringerlo alla resa. Nei raid sono state colpite le sedi della tv di stato e dell’agenzia di stampa ufficiale del regime, ma il governo sostiene che sarebbe stata danneggiata anche l’Alta commissione per l’infanzia ed esplosioni sono state registrate vicino al bunker di Bab al Aziziyah, in cui sarebbe rinchiuso il rais libico.
Secondo mons. Martinelli le bombe creano sempre di più disagio nella popolazione. “Per le strade – racconta - si vedono madri e bambini disperati, abbandonati a se stessi”. Il prelato critica chi definisce l’operazione di guerra contro la Libia, un’azione umanitaria per difendere la popolazione fatta con il benestare delle Nazioni unite. “L’Onu è stato creato per difendere i più deboli – sottolinea - per portare la pace, non la guerra”. Mons. Martinelli parla di un accanimento della Nato che ha come obbiettivo distruggere Gheddafi e la sua gente. “Dicono che il rais non si vede da tanti giorni. Se lui non si fa vedere, che lo lascino in pace. Per prenderlo non possono distruggere tutta la sua gente”.
Per il prelato l’Italia ha un' importante responsabilità nella crisi libica e “le bombe lanciate contro Tripoli sono un segno grave dell’accanimento contro questo popolo”. “Se i grandi che hanno iniziato questa operazione non si fermano e non ascoltano gli appelli – aggiunge il vescovo - non resta che affidarci a Dio perché dia loro senno e giudizio”. (S.C.)