Vescovo dell’Orissa: anche discriminati, gli “intoccabili” cristiani non perdono la fede in Dio
Bhubaneshwar (AsiaNews) - La Chiesa in Orissa raggiunge chiunque, senza distinzioni di casta o fede, ed è grazie a questo che le vittime dei pogrom non hanno perso la fede in Dio. È il senso del messaggio lanciato da mons. John Barwa svd, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneshwar, in un'intervista ad AsiaNews. Il prelato - che è un tribale - ricorda i problemi generati dal sistema delle caste, che rende i cristiani dalit e tribali (la maggioranza nello Stato, ndr) "persone diverse più di chiunque altro". Anche per questo è importante che tra le diverse denominazioni cristiane ci sia unione.
Nell'Anno della fede, quali sono le priorità pastorali dell'arcidiocesi di Cuttack-Bhubaneshwar e dell'Orissa?
Tutti noi dobbiamo costruire buoni rapporti con i nostri fratelli e sorelle dell'Orissa che appartengono ad altre tradizioni di fede. Le nostre attività di sviluppo si rivolgono a chiunque abbia bisogno. Io ho ottimi rapporti con le autorità locali, e sono felice di dire che [anche come arcidiocesi] abbiamo buoni contatti con loro.
Cosa fate per promuovere l'ecumenismo in Orissa?
Come cristiani, siamo sparsi in tutto lo Stato. Siamo divisi in varie denominazioni e anche tra dalit e tribali. Tuttavia, facciamo del nostro meglio per essere uniti e [per questo] stiamo crescendo. I fedeli di altre denominazioni mi accettano come capo della Chiesa locale, diverse occasioni di incontro lo hanno dimostrato. Ho fiducia che saremo uniti come cristiani.
Alla luce dell'Anno della fede, come vede il ruolo dei primi missionari in Orissa?
La Chiesa in Orissa è composta per lo più da membri delle Scheduled Caste [dalit, gli "intoccabili"] e delle Scheduled Tribe [tribali], che con generosità hanno risposto alla chiamata di fede dei nostri primi missionari. Tuttavia, chiamandoci Scheduled Caste e Scheduled Tribe, è chiaro e cristallino che ci viene dato un "colore": ci rende persone diverse più di chiunque altro. I padri fondatori dell'India e la Costituzione avevano capito che noi avevamo bisogno di cure speciali, comprensione e agevolazioni. In realtà, eccetto i missionari nessuno si è preoccupato per noi, ci ha aiutato o ha lavorato per il nostro sviluppo e la nostra crescita.
Dopo 100 anni di impegno dei missionari e della Chiesa, i cristiani sono arrivati a oggi. Come ben sappiamo, veniamo incolpati, puniti, perseguitati, segretati ed emarginati. I nostri nomi vengono rimossi dalle liste dei beneficiari del governo, sebbene meriteremmo come chiunque altro in India i privilegi e i provvedimenti presi dallo Stato. Oggi parlo a nome della mia gente: le Scheduled Caste e le Scheduled Tribe.
A quattro anni dai pogrom dell'Orissa crede che lo Stato e il distretto di Kandhamal, l'epicentro della persecuzione anticristiana, abbiano un messaggio da dare?
So bene che noi, il popolo dell'Orissa e del Kandhamal in particolare, abbiamo un messaggio per il resto del mondo. Anche se l'Orissa è lo Stato più povero e illetterato dell'India, siamo ricchi nella nostra fede in Dio. Sono orgoglioso di poterlo dire. Sto visitando i diversi angoli della mia arcidiocesi e vedo manifestarsi il potere della fede. La voce della nostra gente dice: "Abbiamo perso case, proprietà, persone care, ma non abbiamo perso la nostra fede". Quando visito le parrocchie e le missioni trovo una folla di persone ad attendermi per celebrare la Santa messa, e ringraziare Dio per il Suo amore incondizionato.
Ha un messaggio per i lettori di AsiaNews?
Siamo grati ai nostri sostenitori e amici sparsi in tutto il mondo per le loro preghiere. La loro generosità ci ha aiutato a essere quello che siamo oggi. Non solo siamo cresciuti dal punto di vista economico, ma abbiamo sperimentato uno sviluppo a tutto tondo.
Voglio esortare i nostri amici ad accompagnarci nei nostri sinceri sforzi di ricostruire l'Orissa e il Kandhamal in particolare, e a camminare insieme con desiderio e sostegno. Vedo questa gente vivere e lavorare affrontando ogni giorno le sue battaglie. Stiamo facendo del nostro meglio per la nostra gente.