Vescovi maroniti: riattivare il parlamento perché la crisi non esploda nelle piazze
Beirut (AsiaNews) – Difesa del sistema democratico e costituzionale libanese, “necessità” di riattivare il Parlamento, sostegno alla formazione del tribunale internazionale che giudichi i responsabili degli omicidi politici, necessità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica, nei termini previsti dalla Costituzione. Appare sostanzialmente favorevole alle posizioni del governo e della maggioranza parlamentare la forte presa di posizione dei vescovi maroniti resa pubblica ieri sera, al termine del loro incontro mensile a Bkerke, sotto la presidenza del patriarca, cardinale Nasrallah Sfeir.
Il documento, emerso da più di cinque ore di discussioni e di studi approfonditi, si dice motivato dalla forte preoccupazione per “i pericoli che minacciano il paese e la sua unità” e “il ruolo del cristiani” e dal timore che dalle sedi politiche il confronto si sposti nelle piazze.
Articolato in otto punti, il comunicato parte dunque dalla “necessità di preservare l’apertura del Libano e la sua pluralità”, secondo la sua tradizione ed affronta i diversi aspetti della crisi, ribadendo anche la necessità di un nuovo ed equo sistema elettorale. Così, si chiede “a tutte le forze politiche di rispettare i principi e le basi sulle quali sono edificati il Libano ed il suo sistema politico ed a ricorrere alle istituzioni istituzionali che formano il quadro sano per il dibattito politico”.
Della tradizione libanese fa parte “la necessità” di rispettare gli accordi arabi e internazionali, in particolare gli statuti dell’Onu e della Lega Araba. In questo quadro viene posto la questione del tribunale internazionale per giudicare i responsabili degli omicidi politici avvenuti nel Paese dal 2004. I vescovi auspicano che la sua costituzione “non dipenda dal conflitto politico interno, né dalle pressioni regionali. La creazione di questo tribunale è in effetti, ai nostri occhi, una questione di principio, legata al diritto, alla giustizia ed alla morale”.
Quanto alla crisi di governo, la Chiesa maronita “chiede ai protagonisti della crisi di proseguire il dialogo per giungere ad una soluzione e rilanciare il potere esecutivo, così come domanda alle parti coinvolte di evitare di porre condizioni per facilitare la formazione di un nuovo governo o per regolare il caso del governo in carica, nonostante la polemica sulla sua legittimità e la sua costituzionalità”.
E’ in questo quadro che i vescovi chiedono che il Parlamento – che il suo presidente Nabih Berri, che è anche il capo del partito di opposizione Amal, si rifiuta di convocare – viene invitato “ad esercitare il suo ruolo”. “Ciò è impossibile de la Camera continua ad essere assente ed a non riunirsi, nemmeno nel corso delle sue sessioni ordinarie”.
Del rispetto delle regole democratiche fa infine parte anche la richiesta che “l’elezione presidenziale si svolga al più tardi nei tempi costituzionali”, cioè entro novembre. Appena pochi giorni fa, il patriarca Sfeir aveva rivelato di aver chiesto per due volte, fin da Natale, al presidente Emile Lahoud di dimettersi. Lo stesso Lahoud, invece, sta sostenendo che in assenza di un parlamento “legittimo” il suo incarico – che ha avuto una proroga durante la “tutela” siriana – dovrà ancora proseguire.