Vescovi indiani: le violenze contro i cristiani in Orissa sono un atto di terrorismo
New Delhi (AsiaNews) – La conferenza dei vescovi indiani chiede di estendere la definizione di “terrorismo” e “attività terroristiche”, inserendo anche gli attacchi che vengono compiuti “contro le minoranze etniche e religiose”.
In un promemoria firmato da mons. Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza episcopale dell’India (Cbci), si invita il governo a prendere spunto “dalle violenze che hanno sconvolto l’Orissa”. Esse sono caratterizzate da “una campagna di odio e persecuzione verso le minoranze religiose” da parte di “elementi anti-sociali” che mirano a sovvertire l’ordine costituito, tali da rendere necessaria “una definizione di terrorismo” che comprenda anche “atti di questo genere”.
Il 17 dicembre la Camera bassa del parlamento indiano (Lok Sabha) ha approvato due progetti di legge riguardanti la “prevenzione di atti criminali” e la creazione di una “agenzia investigativa a livello nazionale”. Il Ministro degli interni annuncia che, per la prima volta, la nozione di “terrorismo è stata ridefinita attraverso un consenso generale”: quanti promuovono attività terroristiche o centri di addestramento per i combattenti verranno giudicati in base alle misure adottate nella nuova legislazione. E promette un giro di vite contro gli estremisti, assicurando che non vi saranno più casi violenze o discriminazioni "per motivi di casta o credo religioso professato".
I recenti provvedimenti governativi non soddisfano i vescovi, secondo i quali “la definizione di terrorista è limitata” rispetto a quella indicata “nel National Security Guard Act del 1986” che ritengono “molto più precisa” e che dovrebbe essere “inclusa nel nuovo pacchetto sulla sicurezza elaborato dal governo”.
Al paragrafo Y – capitolo I – della legge del 1986 si definisce “terrorista” qualunque persona che compia “atti mirati a intimidire il governo, seminare il terrore fra la gente o disturbare l’armonia sociale” mediante l’uso di “bombe, dinamite o alte sostanze esplosive o infiammabili, armi da fuoco o altri strumenti che siano in grado di procurare la morte”. Essa include anche “veleni, gas, sostanze chimiche o tossiche” che possano “ferire o uccidere persone o distruggere proprietà” essenziali “per la vita della comunità”. Una definizione che corrisponde in maniera perfetta alle violenze, ai crimini e ai massacri compiuti dai fondamentalisti indù contro i cristiani in Orissa negli ultimi quattro mesi.
“Tenendo bene presente le violenze etnico-religiose che si sono verificate nel Paese – conclude mons. Fernandes – è un imperativo categorico che la definizione di terrorista elaborata nella recente normativa sulla sicurezza nazionale faccia riferimento al decreto del 1986”.