29/02/2012, 00.00
SRI LANKA
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Vescovi cattolici al governo: imparare dai fallimenti, per la pace in Sri Lanka

di Melani Manel Perera
Tradurre in tamil e singalese i documenti ufficiali; presentare una lista degli scomparsi durante la guerra civile; smantellare i nuclei armati illegali. Il governo pensa a grandi progetti economici ma dimentica i problemi reali del Paese, come i 200mila profughi interni o le 39mila vedove di guerra senza sussidi e lavoro. Conferenza episcopale: stabilire un’identità srilankese, non singalese e tamil.

Colombo (AsiaNews) - Smantellare i nuclei armati illegali, presentare una lista delle persone scomparse durante la guerra civile e tradurre in singalese e tamil ogni documento ufficiale. Sono alcuni dei consigli che la Conferenza episcopale dello Sri Lanka (Cbcsl) dà al governo per rendere più efficace il rapporto della Lessons Learnt e Reconciliation Commission (Llrc), la commissione creata dal presidente Mahinda Rajapaksa per indagare sulle fasi finali del conflitto etnico. Pubblicata nel dicembre 2011 dopo un anno di lavoro, la relazione indica alcune proposte per promuovere la riconciliazione dell'intera comunità.

A quasi tre anni dalla fine della guerra civile, il Paese porta ancora piaghe profonde. Il governo continua a contrarre debiti investendo grandi capitali in megaprogetti turistici (col risultato di devastare l'ecosistema e danneggiare migliaia di contadini e pescatori srilankesi) e finanziando il settore della difesa. Intanto, oltre 200mila persone vivono ancora nei campi profughi, senza poter di tornare nei loro villaggi e nelle loro case, né però essere trasferiti in altre abitazioni. Nella sola penisola di Jaffna, 39mila vedove di guerra non ricevono sussidi di alcun tipo, pur non avendo un lavoro stabile con cui mantenersi. Per non parlare delle circa 12mila persone, soprattutto uomini, scomparsi nel nulla e di cui le autorità non danno conto. Molti considerano la relazione della Llrc una risposta al rapporto Onu del 26 aprile 2011, che accusava il governo srilankese dell'assassinio di oltre 40mila civili in bombardamenti militari ed esecuzioni a sangue freddo. Due giorni fa, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha proposto una risoluzione sui presunti abusi commessi da governo e ribelli tamil durante la guerra civile. Lo stesso giorno, il governo ha risposto organizzando proteste in tutta l'isola contro la risoluzione Onu.

Secondo il documento della Cbcsl, firmato dal card. Malcolm Ranjith e da mons. Norbert Andradi, presidente e segretario generale della Conferenza, è fondamentale "non perdere di nuovo un'altra, preziosa occasione". "È corretto - si legge - affermare che le migliaia di occasioni mancate rappresentano l'esperienza più sfortunata della guerra. Iniziare con il riconoscere i nostri fallimenti è il miglior punto di partenza".

Proprio per questo, proseguono, "il rapporto della Llrc deve essere diffuso tra la popolazione, traducendolo in singalese e tamil, le lingue ufficiali. La questione della lingua nazionale è un nodo cruciale, perché la società non è solo singalese. Il governo deve poi disarmare i nuclei illegali. Inoltre, è fondamentale affrontare la dolorosa questione delle persone scomparse: presentando una lista di quelli che sono ancora in custodia; facendo un resoconto di chi non lo sono [in custodia]. Si deve rispettare il diritto legittimo della gente di sapere".

I vescovi esortano a valorizzare l'arte, il teatro e la musica, come strumenti per promuovere armonia tra le due comunità. "Bisogna riconoscere le affinità e le caratteristiche comuni linguistiche e culturali, per stabilire un'identità srilankese ed essere consapevoli che le culture singalesi e tamil hanno radici molto ricche e profonde". 

 

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