Vatileaks: rinvio a giudizio per il "corvo", non esclusa la ricerca di eventuali complici
Città del Vaticano (AsiaNews) - Rinvio a giudizio per furto aggravato per Paolo Gabriele (nella foto), l'aiutante di camera del Papa arrestato il 23 maggio con l'accusa di aver sottratto documenti riservati dall'appartamento di Benedetto XVI. Lo ha deciso la sentenza del giudice istruttore Piero Antonio Bonnet, pubblicata oggi in Vaticano insieme con la requisitoria del promotore di giustizia, Nicola Picardi.
Dai documenti emergono soprattutto tre novità: la prima è che c'è un secondo indagato, Claudio Sciarpelletti, programmatore in Segreteria di Stato, arrestato il 25 maggio e rimesso in libertà il giorno dopo. E' accusato di favoreggiamento. La seconda è che nel corso delle perquisizioni in casa di Gabriele, oltre a documenti, sono stati trovati, si legge nella requisitoria, "tre oggetti a lui non appartenenti: 1) Un assegno bancario di Euro 100.000,00 (centomila/00) intestato a Santidad Papa Benedicto XVI, datato 26 marzo 2012, proveniente dall'Universitad Catolica San Antonio di Guadalupe; 2) Una pepita presunta d'oro, indirizzata a Sua Santità dal Signor Guido del Castillo, direttore dell'ARU di Lima (Perù); 3) Una cinquecentina dell'Eneide, traduzione di Annibal Caro stampata a Venezia nel 1581, dono a Sua Santità delle Famiglie di Pomezia".
La terza cosa che non si sapeva è che Gabriele è stato sottoposto a perizia pischiatrica, per, ha spiegato oggi padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, il contrasto tra le testimonianze su Gabriele, descritto come «persona intelligente, corretta e religiosa e la sua confessione, avvalorata dai riscontri investigativi, che invece indicavano che ha compiuto un "atto estremamente grave".
A motivare la perizia, forse, ha contribuito anche quanto scrive il promotore i giustizia sui motivi che hanno spinto Gabriele. "Dall'istruttoria risulta che il Gabriele si considerava - e si considera tuttora - una sorta di inviato della Provvidenza, che gli avrebbe affidato, nel luogo in cui si assumono le più alte decisioni, il ruolo di «infiltrato» dello Spirito Santo, «per riportare la Chiesa nel suo giusto binario», così come ha dichiarato egli stesso nell'interrogatorio del 5 giugno (doc. n. 46). Il suo pensiero appare fortemente critico su alcune vicende ed alcuni personaggi che sarebbero autori di raggiri e sopraffazioni".
Quanto alla diffusione dei documenti rubati, pubblicati nel volume Sua Santità di Gianluigi Nuzzi, l'imputato ha dichiarato: "ho scelto la persona del Nuzzi come interlocutore a preferenza di altri soprattutto per l'impressione che aveva destato in me il volume Vaticano S.p.A. Il Nuzzi mi dava fiducia perché mi sembrava persona preoccupata di dare informazioni senza gettare fango e senza calunniare altre persone". Per quei documenti Gabriele dice di non aver mai ricevuto "denaro o altri benefici".
Signficativa, poi l'affermazione del giudica Bonnet, per il quale le indagini "non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende che costituiscono l'oggetto complesso di questa istruzione". Come ha spiegato padre Lombardi, i magistrati vaticani "non affermano, ma neppure escludono la possibilità di continuare le indagini su eventuali complici di Paolo Gabriele" e su "eventuali rogatorie internazionali". (FP)