Vaticano; la giusta lotta al terrorismo non violi i diritti umani
Nel suo intervento all'Onu, l'osservatore permanente della Santa Sede condanna il disprezzo della vita e della dignità umana insito nel terrorismo ed afferma che gli Stati, per combatterlo, non possono mai scendere allo stesso livello dei terroristi. Nella lotta, armi e leggi non bastano, serve una battaglia culturale e la volontà di rimediare alle ingiustizie sociali che spesso danno loro motivazioni. Dalle religioni un aiuto attraverso il dialogo.
Città del Vaticano (AsiaNews) La lotta al terrorismo non può mai passare attraverso la violazione dei diritti umani, che vanno rispettati anche nei confronti degli stessi terroristi, e le religioni possono offrire il loro contributo, col dialogo e la promozione di una cultura di rispetto, mentre non va dimenticato che all'origine dei fenomeni di violenza ci sono spesso profonde ingiustizie sociali. E' un punto fermo sul pensiero del Vaticano sulla lotta al terrorismo ed i suoi limiti l'intervento che l'osservatore permanente della Santa Sede, mons. Celestino Migliore ha pronunciato ieri a New York, e diffuso oggi dalla Santa Sede, davanti la sesta Commissione della 61ma Assemblea generale dell'ONU sul punto 100 riguardante le misure per eliminare il terrorismo internazionale. Un intervento che, pur senza nominarli, sembra chiamare in causa, accanto ai kamikaze ed agli a chi protegge i terroristi, anche l'uso delle popolazioni civili come scudo, fatto da Hezbollah, le giustificazioni della repressione avanzate da alcuni Paesi e il trattamento dei prigionieri a Guantanamo.
Secondo mons. Migliore, "è fondamentale" affermare che "misure antiterrorismo e tutela dei diritti umani non sono obiettivi in conflitto", in quanto "la protezione dei diritti umani è l'obiettivo primario di ogni strategia contro il terrorismo". La "assoluta inaccettabilità del terrorismo si fonda proprio nel fatto che usa persone innocenti come mezzi per realizzare i propri fini, mostrando così disprezzo e assoluta indifferenza per la vita e la dignità umana", fino al punto di "usare individui innocenti o intere popolazioni" per proteggere se stessi o le loro armi.
"Peraltro, la strategia antiterrorismo non deve sacrificare i fondamentali diritti umani, in nome della sicurezza", altrimenti "rischia di corrodere i veri valori che intende proteggere, alienandosi larghe parti della popolazione mondiale e diminuendo la forza morale della stessa strategia". Nella loro lotta, insomma, la Santa Sede afferma che gli Stati non possono mai abbassarsi ai livelli dei terroristi, e che "il loro disprezzo per la vita e la dignità umana non può giustificare un diniego delle garanzie accordate dal diritto internazionale umanitario e dai diritti umani".
Ed anche se "le ingiustizie presenti nel mondo non possono mai essere utilizzate per giustificare gli atti di terrorismo", la lotta contro il terrorismo deve comprendere "coraggiosi e risoluti obiettivi politici, diplomatici ed economici al fine di alleviare quelle situazioni di oppressione e marginalizzazione che facilitano i disegni dei terroristi".
Di fronte ad un fenomeno così complesso ed articolato, inoltre, "le misure legali e le armi non ono sufficienti, bisogna rispondere anche con strumenti culturali capaci di far capire che le alternative non violente esistono per raddrizzare situazioni lamentate. La storia ci offre esempi di lotta non violenta che è stata capace di raddrizzare sistemi ingiusti e strutture ingiuste". In questo quadro il dialogo interreligioso "ha un ruolo importante da svolgere per contrastare l'attività dei terroristi tesa a seminare odio e violenza", promuovendo "una cultura della pace e del rispetto reciproco e della scelta per mezzi non violenti. Questo grave impegno spetta alle religioni, ma gli Stati e la famiglia delle nazioni possono dare il loro aiuto, creando un ambiente nel quale possono fiorire le religioni e il dialogo interreligioso".