Uteri in affitto: aumentano le richieste dall'estero
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) – A novembre una coppia maschile gay israeliana ha “avuto” due gemelli in India, figli di uno dei due e dell’ovulo di una donatrice, che una donna ha accettato di impiantare nell’utero, far crescere e partorire. La notizia ha riacceso le polemiche sui c.d. “uteri in affitto”: migliaia di donne per denaro accettano di ricevere, compiere la gestazione e partorire figli altrui.
La Akanksha Fertility Clinic, gestita dalla dottoressa Nayana Patel ad Anand (Gujarat), è famosa: al momento segue 50 indiane incinte, tenute in località segrete. “Affittano” l’utero in cambio di cibo, assistenza medica e un compenso finale intorno a 250 mila rupie (circa 6.308 dollari). Molto più di quanto una povera donna indiana guadagna in una vita, abbastanza per comprare una piccola casa o per pagare l’istruzione dei propri figli. Ma il prezzo è vantaggioso per coppie straniere, specie britanniche e Usa, che in occidente pagano tra 30 e 40 mila dollari con il rischio di problemi legali.
Christina Khajur, che ha partorito una bambina per una coppia americana, spiega che “ho costituito il denaro in deposito vincolato e con gli interessi pago le tasse scolastiche per i miei due figli maschi e ho un minimo di sicurezza”. Durante la gravidanza ha ricevuto ottime cure sanitarie, “il solo disagio è stato dover scomparire per quel periodo. Ma è stato necessario, perché la gente del mio villaggio poteva disapprovarmi”.
Molte di queste donne sono sposate con loro figli; per quelle che sono single la Patel durante la gravidanza organizza corsi di inglese e insegna a usare il computer, per dare loro migliori possibilità di vita futura. La Patel dice che tutto questo non è fatto solo per denaro, ma anche per “aiutare le coppie senza figli”. In India è in genere accettato che una donna generi un figlio per una parente sterile e si stimano esserci circa 19 milioni di coppie sterili, ma sono sorte grandi proteste con l’aumento delle coppie straniere che chiedono un figlio: nel Gujarat sono stimate il 40% dei casi.
Molti osservano che questa pratica può danneggiare i rapporti tra marito e moglie e temono che i mariti costringano le donne indiane a farlo per ottenere facili guadagni.
Non ci sono leggi che regolano il fenomeno, benché emerso da oltre 5 anni, e solo a ottobre Renuka Choudhury, ministro per le Donne e lo sviluppo dell’infanzia, ha chiesto una legge che protegga i diritti di donne e bambini. “Altrimenti – osserva – può diventare una vera industria commerciale, con il rischio di sfruttamento delle donne”.
La notizia è vista con favore dalla Patel, che prevede che il fenomeno si espanda e ritiene “opportuno chiarire al più presto diritti e responsabilità di ognuno”.
19/01/2016 13:00