Usa, India, Australia: tutto il mondo contro il Partito comunista cinese
Negli Stati Uniti, repubblicani e democratici, approvano una legge per colpire individui e compagnie che offendono l’autonomia di Hong Kong. In India si bruciano ritratti di Xi Jinping e di boicottano i prodotti “made in China”. In Australia, si sospetta che vi siano politici al soldo del Partito comunista cinese. Il “sogno” di Xi Jinping esalta il nazionalismo cinese, ma produce un nazionalismo anti-Cina uguale e contrario.
Roma (AsiaNews) – Le mosse del presidente Xi Jinping di diffondere il dominio cinese nel mondo con l’economia e la politica, stanno avendo un effetto contrario. Il suo tentativo di far diventare la Cina prima superpotenza, attraverso la Nuova via della seta e la “diplomazia sanitaria” sviluppata durante la pandemia da Covid-19, sta creando contraccolpi in molte nazioni. Presentiamo qui alcune notizie da Stati Uniti, India e Australia. Ma si potrebbero aggiungere notizie dall’Africa, dal Giappone, dal Sud-est asiatico, Canada, Svezia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna. Come abbiamo già citato altre volte, per gli 007 di Pechino, il sentimento anti-cinese nel mondo – alimentato dagli Stati Uniti – è ai massimi livelli dal massacro di Tiananmen nel 1989. Tale fatto mette a rischio gli interessi strategici e commerciali dell’Impero di Mezzo. Le critiche vanno dalle ingiuste metodologie di commercio della Cina all’oppressione dei diritti umani.
Il fatto preoccupante è che mentre Xi, proclama il suo “sogno cinese” attizzando il nazionalismo della sua popolazione, negli altri Paesi si sta producendo l’effetto uguale e contrario: un nazionalismo anti-cinese che non fa ben sperare per il mondo. (B.C.)
Senato Usa: legge contro i nemici dell’autonomia di Hong Kong
Il Senato degli Stati Uniti ha approvato ieri una legge che permette al governo di imporre sanzioni contro tutti coloro che violano l’autonomia di Hong Kong, andando contro la Dichiarazione comune fra Cina e Gran Bretagna e contro la Basic Law del territorio. Tale autonomia è garantita dal principio “Un Paese, due sistemi”, permettendo ad Hong Kong di godere di uno stile di vita liberale, diverso da quello cinese continentale.
La legge è una risposta alla decisione di Pechino di imporre su Hong Kong una legge per la sicurezza nazionale che secondo molti critici distruggerebbe lo stato di diritto del territorio e segnerebbe la fine della diversità di Hong Kong rispetto alla Cina.
La legge, chiamata “Hong Kong Autonomy Act”, prevede sanzioni verso individui e verso istituti finanziari che compiono “transazioni significative” con gli individui colpiti da sanzioni. Individui e istituti finanziari vanno individuati con la collaborazione del Segretario del Tesoro.
La legge è stata votata all’unanimità da repubblicani e democratici.
Ora si attende una stesura della legge da parte della Casa dei Rappresentanti. In seguito occorrerà fare la sintesi per presentarla al presidente Donald Trump per la firma.
In India cresce il sentimento anti-Cina
Dopo gli scontri alla frontiera sino-indiana, che ha portato alla morte di 20 soldati indiani, nel Paese cresce il sentimento anti-Cina. Qua e là vi sono state dimostrazioni con slogan, musiche e bruciatura di bandiere e del ritratto di Xi Jinping, il presidente cinese.
L’associazione degli albergatori di Delhi ha deciso di domandare ai suoi membri di non accettare ospiti dalla Cina e di boicottare i prodotti cinesi.
Il boicottaggio dell’ospitalità rischia di essere solo simbolico: i viaggi dall’estero sono molto rallentati a causa della pandemia. Quello contro i prodotti cinesi potrebbe avere un certo peso.
All’inizio della settimana, il premier Narendra Modi ha dato ordine che tutti i venditori online – soprattutto di prodotti elettronici – indichino sui loro portali la provenienza dei materiali in vendita.
Amazon – che vende molti prodotti cinesi - si è già adeguato; così sta facendo anche il portale indiano GeM. Intanto, la Xiaomi, gigante compagnia cinese che produce cellulari, avendo ditte in India, nelle sue pubblicità espone con orgoglio lo slogan “made in India”.
Australia: raid della sicurezza a casa di un politico “troppo amico di Pechino”
Personale della pubblica sicurezza e poliziotti hanno compiuto un raid nella casa del parlamentare Shaoquett Moselmane, del Labour Party, sospettato di avere legami con il Partito comunista cinese.
L’entusiasmo pro-Pechino di Moselmane ha creato imbarazzo anche fra i membri del suo Partito.
Egli ha pubblicamente elogiato Xi Jinping e la sua “indefettibile” leadership durante la pandemia. Sul suo blog egli ha scritto che “il presidente Xi … ha raccolto le forze della nazione e insieme al grande popolo cinese, lo [il coronavirus] ha combattuto e contenuto”.
Nel 2018 egli ha anche sognato un “nuovo ordine mondiale” in cui al centro ci fosse la Cina.
In Australia, invece, sta crescendo il sospetto che Pechino paghi politici, giornalisti e imprenditori non solo per esercitare influenza benefica nei suoi confronti, ma addirittura per “impossessarsi” del sistema politico australiano.
A dare man forte a tali teorie, nel 2018, un parlamentare del Labour, Sam Dastyari, ha dovuto dimettersi dopo che si è scoperto che gli ha preso decine di migliaia di dollari da un donatore legato al Partito comunista cinese.
A causa di ciò, il premier Scott Morrison ha fatto passare una legge contro le interferenze straniere, dopo che in molti media sono apparse notizie di partiti politici australiani al soldo di businessmen cinesi legati alla leadership di Pechino. Fra gli incriminati per strani traffici e rapporti vi è anche il cugino di Xi Jinping.
05/12/2019 08:30
28/05/2020 09:49