07/02/2020, 12.35
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Un’altra diga per Vientiane: è allarme per la salute del Mekong

Nell’impianto il governo mira a produrre 1.460 megawatt di energia elettrica da esportare in Thailandia e Vietnam. L’apertura del cantiere è prevista tra la fine dell’anno in corso e l’inizio del prossimo. I critici chiedono dati sull’impatto economico, ambientale e sociale.

Vientiane (AsiaNews/Agenzie) – L’imponente diga che il governo laotiano vuole costruire nella provincia settentrionale di Luang Prabang minaccia il fiume Mekong e la sopravvivenza dei milioni di persone che dipendono da esso. È la denuncia che diverse organizzazione della società civile hanno presentato al “9th MRC Regional Stakeholder Forum”, tenutosi nella città di Luang Prabang tra il 5 ed il 6 febbraio scorsi.

All’evento, organizzato dalla Mekong River Commission (Mrc), hanno preso parte attivisti, accademici, rappresentanti del settore privato e investitori; ma soprattutto esponenti dei governi di Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam. I partecipanti al forum hanno condiviso informazioni sull’ultimo progetto idroelettrico di Vientiane e sui progressi nella “Strategia per lo sviluppo del bacino del Mekong 2021-2030”. Le consultazioni termineranno il prossimo aprile. Ma secondo un accordo sottoscritto da Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam nel 1995, nessun Paese può esercitare diritto di veto su un progetto approvato da un’altra nazione.

Le autorità laotiane intendono costruire la nuova diga nei pressi del villaggio di Houygno, a circa 25 chilometri dalla città che dà il nome alla provincia e 2.036 dal Delta del Mekong, in Vietnam. Nell’impianto, il governo mira a produrre 1.460 megawatt di energia elettrica da esportare in Thailandia e Vietnam. Secondo i piani dell’amministrazione, l’apertura del cantiere è prevista tra la fine dell’anno in corso e l’inizio del prossimo. Tuttavia, i residenti nei villaggi vicini dichiarano di non sapere ancora se e quando saranno trasferiti. I critici del progetto chiedono al governo laotiano ed agli attori coinvolti nell’iniziativa di fornire dati più approfonditi sui potenziali impatti economici che la diga avrebbe sulle popolazioni e sui Paesi a valle. Associazioni ambientaliste sottolineano che l’impianto contribuirebbe all’erosione delle sponde del fiume, con devastanti effetti per l’agricoltura. Anche la migrazione ed il benessere della fauna ittica sarebbe a forte rischio.

La costruzione di dighe, l’inquinamento e l’estrazione di sabbia e ghiaia alimentano le preoccupazioni degli esperti per la salute del più grande fiume del Sud-est asiatico e delle comunità che vivono lungo le sue sponde. Lungo 4.350 km, il Mekong è la più grande riserva di pesca nell'entroterra del mondo ed è secondo solo all'Amazzonia quanto a biodiversità. Il fiume è fonte di sostentamento per circa 60 milioni di persone che vivono negli insediamenti lungo il suo corso, che dagli altipiani tibetani attraversa Myanmar, Laos, Thailandia, Cambogia e Vietnam, prima riversarsi nel Mar Cinese meridionale.

Lo sfruttamento intensivo delle acque dura da anni. Alcuni degli effetti sono già visibili. Per i 2.390 km del basso Mekong, il 2019 è stato un anno difficile. Negli ultimi 50 anni, le acque non erano mai state così poco profonde. I villaggi lungo il corso d’acqua sono i più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici e delle 11 dighe che la Cina ha costruito sul suo territorio, che molti credono stiano trattenendo le acque. Dopo anni di opposizione da parte degli ambientalisti, negli ultimi quattro mesi il Laos ha inaugurato le prime due dighe sul Basso Mekong: la Xayaburi, impianto da 1.200 MW, e la più piccola Don Sahong. Negli ultimi 15 anni, Vientiane – che punta a diventare la “batteria dell’Asia” – ha costruito circa 50 dighe lungo fiumi e torrenti; almeno altre 50 sono in fase di realizzazione ed ulteriori 288 in progettazione. Secondo i dati dello Stimson Center di Washington, qualora tutti i progetti fossero realizzati, la capacità idroelettrica del Paese raggiungerebbe i 27mila MW, dai soli 700 MW del 2005.

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