Uno tsunami chiamato “Mamata”. Tante speranze sul nuovo governo del West Bengal
Il risultato di grande portata storica ha creato grandi aspettative tra la gente, soprattutto tra i più poveri. “In 34 anni il governo marxista è stato abile a evitare che troppa gente morisse di fame e a far passare sotto silenzio i problemi, per salvaguardare i propri interessi”, spiega il gesuita. Tutto era controllato dai quadri del partito, dai problemi familiari ai progetti di governo di governo: “I maoisti hanno sempre bloccato attivisti e organizzazioni sociali”.
“Col tempo, un movimento cosiddetto ‘di base’, fondato su un’ideologia socialista, ha perso ogni contatto con le persone, in favore del potere”. Questo, per il sacerdote, ha spianato la strada allo “tsunami chiamato Mamata”.
Subito dopo la vittoria elettorale Mamata Banerjee, la leader del Trinamool Congress, ha fatto grandi proclami, promettendo cambiamenti radicali ad ogni livello e in pochissimo tempo. Tuttavia, p. Jothi è cauto nel giudicare il nuovo premier del West Bengal: “Il suo manifesto parla di un programma iniziale di lavoro da completare in appena 200 giorni, quello definitivo in 1000 giorni. È senz’altro un piano ambizioso, ma alcuni diritti di base per i più poveri, come l’educazione e l’assistenza sanitaria, non figurano affatto. Mamata deve andare più a fondo dei propblemi della sua gente”.
Le attese del popolo del West Bengal sono alte. Anche in materia di diritti umani. “La gente in questi 34 anni ha subito vere violazioni dei diritti umani, alcune rese pubbliche, ma la maggior parte passata nel silenzio. Adesso le persone vogliono giustizia. Ma negli ultimi anni – spiega il sacerdote – sicari del Partito comunista sono passati al Trinamool Congress, e continueranno a tormentare le persone”. E citando il Vangelo, ammonisce: “Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi. Aspettiamo di vedere cosa accadrà”.
Come direttore di Udayani (che significa “risveglio”), p. Jothi vuole collaborare con i membri della società civile per negoziare con il nuovo governo, in modo da contribuire allo sviluppo e alla ricostruzione del Paese. “Maggior libertà per la gente comune, sviluppo del settore rurale e applicazione dei diritti fondamentali affinché i più poveri non debbano emigrare per poter sopravvivere. Queste sono le sfide da affrontare in West Bengal”, conclude il sacerdote.